venerdì, Marzo 29, 2024
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Accettare se stessi é un work in progress

(Violetta Bellocchio)

Figlia della famosa psicanalista Lella Ravasi, Violetta Bellocchio é una delle scrittrici più apprezzate in Italia. Ha collaborato in varie riviste ed ha fondato il blog “Abbiamo le prove”, che le sarà d’ispirazione per il romanzo “Quello che hai amato”.

Recentemente la scrittrice é stata intervistata da Freeda, un’agenzia media/stampa di Milano. Un’intervista breve ma che ha toccato ugualmente dei “tasti dolenti”. Uno fra questi é l’accettazione di se stessi. Abbandonando qualsiasi tipo di narcisismo, Violetta afferma di aver affrontato periodi bui per questo problema. Come tante altre persone, non si accettava per quel che era e qualsiasi cosa che faceva le procurava un altro motivo in più per essere infelice. Sperava così che un giorno questi suoi sforzi non fossero vani. “Andrà meglio” si ripeteva.

Ma quel senso di vuoto, o meglio, disprezzo per la vita che stava conducendo, rimaneva sempre dentro di lei e con lei. Ciò che ha rivoluzionato la sua vita, é stato scrivere il libro autobiografico “Il corpo non dimentica”. Non le importava cosa avrebbe provocato il libro e cosa sarebbe successo dopo. In quel periodo ha scoperto la bellezza di essere felici e accettarsi. Non nel senso di avere maggiore autostima di se stessi o di amarsi per come si é. Piuttosto nel senso di capire, come donna, i suoi interessi e cosa voleva fare veramente.

In questo modo ha capito che bisogna trovare “la ricetta per la propria felicità” e dare il massimo delle proprie possibilità per raggiungerla. Qui gli altri hanno un ruolo importante, secondo la scrittrice. Devono essere capaci di ascoltare e far emergere il meglio di ognuno di noi.

L’altro “tasto dolente” lo tocca in “Mi chiamo Sara, vuol dire principessa”. E’ un romanzo di finzione dove immagina che la protagonista scappi dal suo paese di provincia e si immerga nel mondo del cinema degli anni ’80. Dietro al volere di Sara di appropriarsi di una nuova identità, vi é un messaggio molto profondo della scrittrice. In effetti quest’ultima vuole mostrare come le ragazze (o donne) di spettacolo non sono come le si designa, “stupide” e smaniose di apparire. Vuole far vedere, attraverso Sara, che hanno un mondo interiore tutto loro, prolisso di idee profonde.