mercoledì, Aprile 24, 2024
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Esclusiva-Forgione:”Milano corrotta come l’Italia. Il Napoli di Sarri? Aspettiamo”

Abbiamo avuto il piacere ed onore di intervistare in esclusiva Angelo Forgione: come si definisce sul suo sitoscrittore e giornalista, opinionista, storicista, meridionalista, culturalmente unitarista“. Ci ha parlato dell’atteggiamento da parte del Governo centrale di ciò che è successo nel Sannio, degli stereotipi che attanagliano la città di Napoli e sulla maggiore consapevolezza di ciò che è successo riguardante l’unificazione territoriale del nostro paese. Non è mancata, inoltre, qualche parola sul Napoli di Sarri e sulla questione dello stadio San Paolo.

1) Renzi non si è recato a Benevento dopo l’alluvione: secondo Lei doveva farlo oppure potrebbe essere una dimostrazione che il Sud – come Lei sostiene spesso – viene spesso trascurato dal Governo centrale?
Cosa ci andava a fare Renzi nel fango di Benevento? Le passerelle Renzi preferisce farle negli stadi del Calcio e del Tennis, e all’Expo con la Merkel, non nella melma del Sannio disastrato, dove avrebbe dovuto fare promesse e proclami incerti. E infatti lo stato di calamità naturale l’ha riconosciuto immediatamente la Regione Campania, stanziando un milione di euro. L’emergenza umana l’ha assicurata la Caritas, ma non basta. A tre settimane dall’alluvione, il Governo sta ancora meditando sulla richiesta di concessione dello stato di emergenza nazionale, rimandando il parto al prossimo consiglio dei ministri. Qualcosa sarà fatto, immagino e spero, ma in ogni caso sono i tempi che irritano. Sembra che le emergenze non siano emergenze, e che ogni misura per il Mezzogiorno debba essere mendicata. Del resto il Sud ha atteso fino a novembre il masterplan ipotizzato proprio da Renzi ad Agosto per metà settembre, che poi si è rivelato una programmazione, ritardata di un anno e mezzo, dei fondi strutturali. Persino il presidente di Confindustria Squinzi ha rimproverato a Renzi una scarsa attenzione per il Sud, e Squinzi non è un meridionale.

2) Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, ha sostenuto che Milano è tornata ad essere capitale morale d’Italia. È d’accordo?
Chiariamo che quando si parla di capitale morale si fa riferimento al ruolo di città più importante d’Italia, non di città di assoluta pulizia morale. Milano è indubbiamente la città più dinamica d’Italia sotto il profilo economico e finanziario, ma è corrotta come è corrotta Roma, come lo è Napoli e come è corrotta tutta l’Italia. Del resto, Cantone è stato chiamato in soccorso proprio per tamponare il grave danno di immagine generato dalle vicende giudiziarie legate agli appalti dell’Expo, non certo per verificare se le cose andassero bene o male a un ventennio di distanza da “Mani Pulite”. Insomma, Cantone ha fatto un po’ di confusione, perché Milano non ha mai smesso di essere la città motrice del Paese, così come non ha mai smesso di essere una scintillante Tangentopoli. Si è trattato di duplice operazione, autoreferenziale e di pulizia dell’immagine della città, non casuale nella tempistica, cioè proprio in chiusura dell’Expo, per poi sdoganare il “modello Milano”, nient’altro che un’operazione di ingegneria politico-mediatica per salvare l’immagine del Paese.

3) Lei, in tantissime occasioni, ed anche nel Suo libro “Made in Naples”, ha rimarcato i primati di Napoli che non vengono mai messi in evidenza dalla stampa nostrana. Come si può controbattere la classica narrazione stereotipata di Napoli e del Meridione?
Voglio precisare che non mi spendo per rimarcare gli ormai arcinoti primati di Napoli, il che vorrebbe dire replicarli pedissequamente e abusarne per bilanciare inutilmente i ritardi recenti. Io lavoro per proporre nuovi e più insospettabili spunti, e questa missione ha ispirato ‘Made in Naples’. In ogni caso l’obiettivo è quello di dare degli strumenti alla gente, perché gli stereotipi sono frutto dell’ignoranza, che non è solo di chi spesso parla a sproposito di Napoli e del Sud ma anche di troppa gente meridionale, che non conosce la propria cultura e finisce con l’assecondare il vilipendio o, nel migliore die casi, col non saperlo sgretolare. Bisogna leggere tanto e leggere bene. Solo la cultura può neutralizzare l’ignoranza. Purtroppo la proporzione, oggi, è nettamente sfavorevole.

4) Che effetto Le fa quando sono più le testate straniere che italiane a parlare senza paraocchi di Napoli?
Non mi stupisce. Credo che un giudizio equilibrato su Napoli necessiti di un punto di osservazione esterno, depurato da stereotipi tipicamente italici. Non sempre è così, perché anche la stampa estera cade qualche volta nella trappola, ma devo dire che molti giornalisti stranieri, quando viaggiano in Italia, non evitano Napoli, pur carichi di pregiudizi. Va a finire che scoprono la realtà e se ne innamorano, e ne raccontano le sensazioni. Tutto sommato, molto fanno gli intellettuali stranieri, che hanno una conoscenza della storia e della contemporaneità napoletana superiore a quella del mondo intellettuale italiano, troppo ingessato nel pensiero secolare e timoroso di spostarsi su posizioni scomode.

5) Lentamente sembra che la vera storia dell’Unità d’Italia si stia diffondendo. È solo impressione o davvero c’è più consapevolezza sulle vere origini che hanno portato a questa unificazione territoriale?
Sì, c’è più consapevolezza e voglia di rivedere le cose. Sicuramente non è più un’eresia parlare di fallimento dell’ideale unitario di tipo risorgimentale, ma siamo ancora lontani da una rivoluzione del Pensiero storico che possa modificare il mondo accademico, quello intellettuale e quello politico.

6) Lei è anche un appassionato di sport, tanto che ha scritto un libro dal titolo “Dov’è la vittoria” illustrando i motivi dello strapotere del Calcio settentrionale. Il Napoli di Sarri, secondo Lei, durerà e cosa è cambiato rispetto a Benitez?
Non credo che si tratti di fuoco di paglia. Il Napoli di Sarri potrà avere un calo di forma, ma è evidente che abbia imparato a stare in campo e ad essere gruppo. Questo non significa che le vittorie e i goal continueranno a fioccare in quantità industriale. Gli azzurri hanno già dimostrato di saper reagire alle difficoltà, quelle di inizio stagione, ma per sapere se il Napoli potrà lottare per qualcosa di importante bisognerà attendere con pazienza, e vedere come la squadra reagirà agli eventuali passaggi a vuoto dopo aver volato così alto. Sarri ha saputo creare un credo, attorno al quale si è stretto tutta la squadra. Benitez è un grande tecnico, ed è stato un onore averlo a Napoli, ma dopo gli errori societari che hanno preceduto il preliminare di Champions League contro il Bilbao sono nate delle divergenze col presidente che sono diventate sempre più irrimediabili. Il tecnico spagnolo ha capito che il Napoli non avrebbe alzato l’asticella e si è proiettato altrove. La squadra l’ha capito e ha mollato, fallendo tutte le occasioni che le rivali le hanno fornito, fino alla sciagurata partita finale con la Lazio. Ma nessuno dimentichi la Coppa Italia e la Supercoppa italiana vinta. Benitez non è andato via da perdente, anzi. Per Sarri, il Napoli è quello che per Benitez è il Real Madrid. È una questione di dimensione. E quando la dimensione è corretta possono nascere i risultati.

7) Secondo Lei, quanto ha inciso il fatto che Sarri sia napoletano?
Sarri è un simpatico ibrido, un po’ napoletano e un bel po’ toscano. Più che napoletano, direi che è tifoso del Napoli, e questo è sicuramente importante. Come pure è importante che Sarri non sia percepito come napoletano, cioè nato a Napoli. Nemo propheta neapolitanum est in patria sua… a Napoli si è eroi da stranieri, sui quali la critica è molto meno feroce che tra napoletani.

8) Un Suo parere su De Laurentiis e la questione dello stadio.
Il problema è a monte, ed è tutta una questione all’italiana, dove fare stadi di proprietà è un’impresa, tra mancanza di leggi favorevoli e scarsa appetibilità del campionato italiano per gli investitori stranieri. E così devono nascere difficilissime intese tra i club e i comuni. Lo stadio non può essere fatto in “comproprietà”. O è del club o è del Comune. A Torino l’accordo si è trovato, ma dopo una querelle lunga diversi anni, e alla fine lo Juventus Stadium è sorto sulla pelle dei cittadini torinesi e del Torino Calcio, con un processo burocratico tutto a favore della Juve che ho descritto in ‘Dov’è la Vittoria’. Mi limito a dire che la Juve, per il progetto, ha ottenuto 75 milioni in cambio dei diritti sull’intitolazione commerciale dello stadio, di cui 35 immediati nel 2008, e a distanza di quasi sette anni nessuna azienda si è interessata a dare il suo nome allo stadio juventino. Se i moderni stadi di proprietà, ma anche comunali, si edificano in tutto il mondo in evoluzione tranne che in Italia un motivo ci sarà, e la colpa non è né di De Laurentiis né di De Magistris, i quali curano giustamente gli interessi del Napoli e del Comune di Napoli. Tra l’altro parliamo di ristrutturazione, non di nuova edificazione. E anche per questo Napoli dovrà rassegnarsi ad aspettare ancora molti anni, purtroppo.

 

Si può riportare l’intervista anche solo parzialmente a condizione di citare la fonte dailynews24.it o postando il link. Per restare sempre aggiornati sulle ultime novità, diventate fan della nostra pagina Facebook.

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