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14/07/2016, ore 22.30: Nizza è colpita dalla jihad

E’il 14/07/2016, anniversario della presa della Bastiglia in Francia, ore 22.30, Nizza, sulla Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza, tra i fuochi d’artificio si confondono spari ed urla di terrore: un camion inizia una folle corsa a zigzag tra i pedoni, che uccide ed abbatte come fossero birilli, sparando anche dai finestrini. Follia allo stato puro? No, questa è la jihad, lo “sforzo interiore”di un uomo islamico che condivide le interpretazioni estremiste del fondamentalismo islamico, 31 anni, franco-tunisino, cittadino francese, europeo, residente a Nizza, un uomo comune non un militare, non un mercenario saraceno venuto dal Medio Oriente, l’uomo della porta accanto che decide di abbracciare la “causa”, la “guerra santa”, l’interpretazione più violenta della jihad. Fin ora 84 morti e 18 feriti in condizioni gravissime, ma il bilancio è ancora provvisorio. Il Negresco, simbolo della mondanità nizzarda, si trasforma in un ospedale da campo, i ristoranti divengono rifugio per i passanti, terrorizzati: Nizza è sotto attacco di un nizzardo! Non ci sono più regole, non si risparmiano nemmeno i bambini. Hollande comunica che il governo francese prolungherà lo stato di emergenza per altri tre mesi, ma basterà? Basteranno tre mesi di allerta ad arginare l’ideologia del terrore, dell’odio, della morte? L’attentatore è morto durante l’attacco, un altro “martire” pronto a raggiungere il paradiso promesso. Si è di fronte ad un nemico invisibile, un pensiero soprannaturale strumentalizzato, che spinge e potrebbe stimolare chiunque: la milizia reclutata, il trasportatore, il vicino di casa, il barbiere, ogni islamico che faccia sua la “guerra santa” proclamata dal califfato contro gli “infedeli”, potrebbe essere il prossimo martire. Un tempo, il nemico aveva un nome, degli eserciti, delle spie, un territorio circoscritto. Durante il secondo conflitto mondiale, per sconfiggere la resistenza giapponese con i suoi kamikaze, furono lanciate due bombe atomiche, su Hiroshima e Nagasaki. L’indomani di quei tragici eventi, la guerra cessò. Adesso, su chi verranno sganciate le bombe? Sulle dune del deserto? Sul vicino di casa? Su qualche giacimento petrolifero? No, su quest’ultimo magari no. Questi uomini attentano continuamente la nostra libertà con il terrore, sono entrati nei nostri pensieri felici, contaminandoli di paura. Non sarà l’ulteriore proroga dello stato d’emergenza e tanto meno un successivo stato d’allerta la risoluzione del problema. Si è in guerra innanzitutto contro un pensiero, prima ancora di esserlo contro il sedicente stato islamico proclamato dall’isis, è bene farsene una ragione. Questa, finora, è stata la loro più grande conquista: trasformare dei comuni cittadini in loro soldati, in martiri disposti a dare la vita. Non è un caso che abbiano colpito proprio il 14 luglio, giorno che, per i figli della Rivoluzione Francese, per tutte le democrazie occidentali, è sinonimo di libertà. Si subisce, in modo esponenziale, da due anni ormai, un attacco sistematico alla cultura occidentale, ai suoi usi, alla sua identità, al suo senso di libertà. E’necessario tornare ad essere sicuri, a qualsiasi costo, entro i confini nazionali, per poi pensare di poter delegittimare e destrutturare il pensiero, l’ideologia della morte, ma come? Non è questo il momento opportuno per discuterne, oggi l’Europa piange i suoi figli, si commemora il dolore, si riflette sui propri errori poiché, tutto quest’odio, non è stato generato da pazzi psicopatici, ma da antiche radici.

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