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La storia di Dragon Ball: ecco quali sono stati i migliori e i peggiori videogiochi degli ultimi anni!

Dragon Ball è tornato! Oddio, non che se ne fosse mai andato, per la verità. Abbiamo perso il conto delle repliche di ogni santissimo episodio – e sono tipo 500 e passa! – sui nostri canali nazionali, nello stesso Stivale che un tempo lo demonizzava insieme a tutti i manga e i cartoni animati giapponesi, tra gli psicologi che si scagliavano contro di essi prima che scoprissero i videogiochi, e i bravi cattolici che avevano capito tutto: i volumetti si leggevano al contrario perché erano un’opera diabolica! Poi hanno capito tutto anche gli imprenditori, e Dragon Ball è cominciato ad apparire in TV, nei centri commerciali, sugli zainetti, nelle patatine, sui rotoli di carta igienica… fino a saturare il mercato, mentre in Giappone restava sempre e comunque la colonna portante delle serie per ragazzi, il più imitato, il più celebre. È incredibile, comunque, come le avventure di Goku e la sua famiglia allargata, concepite da quel genio di Akira Toriyama nel lontano 1984, siano riuscite a conquistare una generazione dopo l’altra. Ovviamente esistono tantissimi videogiochi ispirati a Dragon Ball, e alla sua “seconda serie” – sbagliatissimo, chiamarla così! – sottotitolata Z, e il prossimo arriverà a ottobre, su Nintendo 3DS. Dato che in questi giorni Fuji TV ha cominciato a trasmettere le prime puntate della nuovissima serie Dragon Ball Super, abbiamo deciso di festeggiare il non-ritorno di Goku sul piccolo schermo con questo speciale: visto che di giochi ce ne sono veramente tantissimi, non è stato affatto facile scegliere, e vi invitiamo a dire la vostra nei commenti!

DRAGON BALL Z: BUDOKAI 3

Vabbè, questa era la scelta più ovvia di tutte. Budokai 3 è considerato dai fan il miglior gioco ispirato alla serie di Toriyama, anche se qualcuno gli preferisce di un leggerissimo margine il prequel Budokai 2, più che altro per questioni di bilanciamento. Il picchiaduro tridimensionale targato Dimps dava agli appassionati, nel lontano 2004, tutto quello che oggi i giochi di nuova generazione non riescono ancora a dare, con buona pace della next-gen, e cioè una bella commistione tra fanservice e tecnicismo. Il roster comprendeva più di quaranta personaggi “importanti” (niente soldati anonimi di Freezer, tipo) tratti dalle tre serie principali Dragon Ball, Dragon Ball Z e Dragon Ball GT, e praticamente tutte le forme in cui ogni personaggio poteva trasformarsi, da Super Saiyan a Super Saiyan 4. Ricco di modalità extra, come la bella campagna simil RPG e il torneo, Budokai 3 era anche un gioco piuttosto tecnico in cui i più bravi, impiegando teletrasporti, movimenti istantanei, schivate e parate all’ultimo istante, potevano inscenare dei combattimenti molto simili a quelli visti in TV, grazie anche alla bella grafica in cel shading che all’epoca fece parecchio scalpore. Peccato solo che, come molti altri giochi ispirati a Dragon Ball, anche questo facesse eccessivamente leva sulla risorsa del Ki, obbligando i giocatori a caricarlo regolarmente durante lo scontro. Il 2004 è ormai lontano, ma un paio di anni fa è stata pubblicata una Collection HD per PlayStation 3 e Xbox 360 che si trova ancora oggi facilmente.

DRAGON BALL Z: L’ATTACCO DEI SAIYAN

Da un genere all’altro, Dragon Ball non è mai stato soltanto un picchiaduro, anche se il corso intrapreso dalla serie già nei primi numeri suggerirebbe il contrario. Pensate che, all’epoca del NES e del Super Nintendo, sono stati sviluppati dei giochi di ruolo con il sistema di combattimento in stile card game. Ebbene, L’Attacco dei Saiyan è un RPG del 2009 abbastanza classico, sviluppato per Nintendo DS da nientepopodimeno che Monolith Soft. Sì, gli stessi di Xenoblade Chronicles. La storia iniziava con l’arrivo di Radish sulla Terra e si concludeva con il leggendario scontro finale tra Goku e Vegeta, ma era arricchita da sidequest ed eventi secondari che approfondivano i personaggi e prolungavano la durata dell’avventura, comunque piuttosto breve. Si esploravano le location come in un jRPG tradizionale dell’era 16-bit, ma quando cominciava un combattimento L’Attacco dei Saiyan brillava per la bellissima realizzazione degli sprite e per le loro animazioni. Gli scontri ricordavano quelli dei vecchi Final Fantasy: i nemici da una parte, il party composto da tre personaggi dall’altra, e le mosse speciali che consumavano il Ki. Un indicatore si riempiva ad ogni turno, consentendo l’esecuzione di attacchi particolarmente letali e spettacolari, e il giocatore poteva premere i tasti al momento giusto per mitigare i danni inferti dai nemici, parando i loro colpi. Una piccola perla che, purtroppo, non ha avuto i sequel che avrebbe meritato.

DRAGON BALL: ADVANCED ADVENTURE

Ancora un portatile Nintendo, ma questa volta è il Game Boy Advance. L’anno è il 2006, e il gioco è ispirato alla prima serie di Dragon Ball. Come dicevamo nell’introduzione, parlare di “serie” non è del tutto corretto: i quarantadue volumi del manga non fanno distinzione, e soltanto l’anime guadagna il suffisso Z dopo che Goku sconfigge Piccolo e sposa Chichi. A quel punto, la storia prende la piega fantascientifica che tutti conosciamo, tra alieni, viaggi nello spazio e nel tempo, trasformazioni e fusioni: ad alcuni questa deriva piacque meno che ad altri, e forse lo sviluppatore Dimps stava pensando proprio a loro quando ha programmato Advanced Adventure. Si tratta, infatti, di un action game che ripercorre le prime avventure del piccolo Goku, dal suo incontro con Bulma alla prima battaglia con Piccolo. Un po’ platform e un po’ picchiaduro, Advanced Adventure fu una vera sorpresa: non solo graficamente era un piccolo gioiellino, con tantissimi sprite enormi e animati benissimo, ma offriva anche una varietà di livelli davvero interessante. Alcuni andavano affrontati a bordo della nuvola dorata di Goku, altri erano veri e propri match uno contro uno che si potevano persino rivivere con un secondo giocatore. Il sistema di collisioni e di potenziamento progettato da Dimps lasciava ampio spazio all’impiego delle combo e delle mosse speciali, replicando efficacemente lo spirito dei combattimenti visto nell’anime. E poi, si poteva rigiocare la campagna nei panni degli altri personaggi, magari per trovare tutti i collezionabili nascosti.

DRAGON BALL Z: EXTREME BUTODEN

Qui stiamo un po’ barando – ma neanche tanto – perché Extreme Butoden uscirà in Europa solo a ottobre, e nonostante ciò si tratta di un titolo troppo promettente per non essere già annoverato tra i migliori picchiaduro ispirati a Dragon Ball. Lo sviluppatore, oltretutto, è un marchio di garanzia: Arc System Works ha firmato i famosissimi BlazBlue e Guilty Gear, tra i più giocati picchiaduro bidimensionali degli ultimi anni, e ha già lavorato sulla licenza di Dragon Ball qualche anno addietro, sviluppando Supersonic Warriors e Supersonic Warriors 2 per Nintendo DS. L’unica perplessità è la scelta della console: il piccolo schermo del Nintendo 3DS fatica a rendere giustizia agli sprite di dimensioni generose e alle bellissime animazioni che li contraddistinguono. Il sistema di combattimento è quello tipico dei titoli Arc System Works, un pelo semplificato: pone grande enfasi sulle combo frenetiche e sui contrattacchi, mescolandoli con le varie mosse speciali, tra le quali spiccano i super attacchi che prendono tutto lo schermo e possono essere contrastati in una specie di minigioco. L’altra importante meccanica di Extreme Butoden riguarda il sistema di assist, che consente di “evocare” brevemente un personaggio secondario perché attacchi l’avversario e scompaia di nuovo: ci sono decine e decine di personaggi di supporto, presi dall’intera serie di Dragon Ball, e il giocatore può mescolarli a piacimento, pur entro certi limiti.

DRAGON BALL Z: BUDOKAI TENKAICHI 3

La nostra ultima scelta potrebbe sembrare ridondante, considerando la prima, ma in realtà non lo è, e anzi chiude dignitosamente il cerchio. Pur mancando di tecnicità rispetto al quasi omonimo Budokai 3, il Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3 del 2007 è probabilmente il gioco visivamente più fedele alla serie televisiva, ma anche il più completo dato che comprende più di centocinquanta personaggi, incluse tutte le varie trasformazioni, tratti da ogni lungometraggio o serie animata.Nonostante le similitudini nei titoli (in realtà, la serie Budokai Tenkaichi si intitolava Sparking! in Giappone) si tratta di un gioco molto diverso anche nel gameplay, che lo sviluppatore Spike ha concepito con la telecamera che inquadra il personaggio controllato dal giocatore da dietro la schiena. In questo modo, i combattimenti garantiscono un certo senso di profondità, ed è possibile muoversi liberamente nello spazio tridimensionale e quindi volare e impiegare praticamente ogni tecnica vista nel cartone animato, dalle schivate istantanee ai teletrasporti, centellinando la solita risorsa del Ki. Ricco di modalità extra, con una storia lunga e complessa che segue gli eventi originali e propone anche non pochi scenari alternativi, Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3 è stato il picchiaduro più caotico e divertente tra quelli sviluppati per la serie di Akira Toriyama, e proprio non si capisce come mai Bandai non abbia deciso di proporne una bella versione rimasterizzata per console next-gen. Chissà se con il nuovo cartone animato…

DRAGON BALL Z: ULTIMATE BATTLE 22

Uscito nel 1996 per PlayStation, questo picchiaduro sviluppato da TOSE Software Co. è sicuramente uno dei più brutti mai realizzati per la serie di Toriyama, anche se a vederne le immagini non si direbbe: gli sprite di generose dimensioni sono coloratissimi e dettagliati, e sembrano uscire dal cartone animato. In effetti, non è nient’altro che la verità, poiché lo sviluppatore aveva impiegato i rodovetri originali per rappresentare i personaggi nel gioco. Il problema, quindi, sorgeva non appena cominciavano a muoversi. Mancavano interi frame di animazione, col risultato che i combattimenti apparivano innaturali a vedersi e legnosissimi da giocare, su sfondi poverissimi che, per giunta, roteavano confusamente. Senza contare che le tipiche onde energetiche erano state sostituite da globi e proiettili infuocati… Ironicamente, TOSE Software Co. lo convertì con maggior cura per il Saturn di SEGA, intitolandolo Dragon Ball Z: Shin Butōden e implementando varie feature già viste nei picchiaduro precedenti, come per esempio lo split screen quando i personaggi si allontanavano troppo gli uni dagli altri, e gli attacchi che potevano essere deviati, riflessi o contrattaccati. Il gioco era terribile lo stesso, ma almeno era un po’ più fedele all’anime. Non tutto il male venne per nuocere, comunque, perché la colonna sonora di entrambi i titoli si rivelò davvero strepitosa, e la traccia di Trunks è entrata nella storia del franchise.

DRAGON BALL Z PER KINECT

Sviluppato da Spike quando ancora il Kinect era una novità tecnologica che attirava l’attenzione dei più curiosi e dei possessori di Xbox 360, questo, uh… be’, è difficile definirlo. Facciamo finta che sia un gioco. Comunque, dicevamo, questo coso per Kinect doveva rappresentare l’evoluzione della specie: “Diventa un guerriero Z! Diventa un Super Saiyan!”, recita lo spot pubblicitario. “Gioca Dragon Ball Z come non hai mai fatto prima d’ora!”, ovvero sferra pugni e calci come un ebete in mezzo al salotto in una specie di clone di Dance Dance Revolution. Ripetitivo e inadeguato, il gioco è un susseguirsi di brevi missioni che ripercorrono la saga di Dragon Ball Z dall’arrivo di Radish alla lotta con Buu, coadiuvate da una realizzazione tecnica appena discreta e da un rilevamento dei movimenti, che poi sarebbe il cuore del gameplay, non proprio affidabile. Alla fin fine, il gioco diventa una brutta puntata filler del cartone animato, in cui si passa il tempo a caricare il Ki per eseguire il colpo speciale di turno, mentre l’intelligenza artificiale pondera il significato dell’universo o schiaccia un pisolino in attesa della nostra prossima mossa. Scevro di modalità degne di nota o di una componente multigiocatore, Dragon Ball Z per Kinect ha quantomeno il merito di aver impiegato nella localizzazione italiana i nomi originali dei personaggi e delle loro tecniche segrete al posto del terribile adattamento rifilatoci sui canali televisivi nostrani.

DRAGON BALL: FINAL BOUT

Questo orrore fu sviluppato da TOSE Software Co. nel 1996, sulla scia del successo della serie animata Dragon Ball GT – della quale non esiste una corrispondente versione a fumetti – e divenne famoso soprattutto per due caratteristiche: innanzitutto, fu il primo picchiaduro di Dragon Ball completamente poligonale, e poi fu anche l’ultimo a uscire su PlayStation. I fan, infatti, dovettero poi attendere quasi cinque anni per tornare a combattere nei panni di Goku e soci nel primo Budokai del 2002, oppure recuperare i giochi che erano usciti in precedenza e che, in effetti, erano decisamente migliori. Ultimate Battle 22 compreso. Cioè, TOSE Software Co., appena un anno prima, aveva sviluppato l’eccellente Dragon Ball Z: Hyper Dimension per SNES, perciò non si capisce come gli sia venuta fuori una cosa del genere. A parte che era sbilanciatissimo, Dragon Ball: Final Bout sfoggiava anche un motore grafico terrificante che rendeva i personaggi plasticosissimi, delle texture oscene e un sistema di collisioni demenziale che impediva di capire alcunché degli scontri. Quest’ultimi, poi, erano lentissimi e mancavano della frenesia che caratterizzava gli scontri della serie animata, tra animazioni legnose e movimenti imprecisi. Bisogna dire che il roster era più che discreto, visto che comprendeva i protagonisti di Dragon Ball GT ma anche gli eroi e i malvagi di Dragon Ball Z, ma in verità passava la voglia di giocare dopo cinque minuti.

DRAGON BALL Z: IL DESTINO DI GOKU

A un certo punto, ben tredici anni fa, qualcuno deve aver pensato che sarebbe stata una buona idea sviluppare un clone di The Legend of Zelda mettendo Goku al posto di Link. Probabilmente quel qualcuno è stato poi evirato, torturato, scuoiato e decapitato – non necessariamente in quest’ordine – perché altrimenti non si spiega come sia possibile che Il Destino di Goku II sia un gioco decisamente migliore di questa ciofeca pazzesca. Al di là della grafica – spartana ma, ehi, stiamo parlando di un Game Boy Advance nel 2002! – e degli aspetti role playing ridotti ai minimi termini, Il Destino di Goku era un vero disastro. Tanto per cominciare, ripercorreva la storia dall’arrivo di Radish e dal rapimento del piccolo Gohan, solo che nel frattempo Goku aveva già vinto un torneo e sconfitto un demone millenario, quindi non si capisce come mai le prendesse pure dai lupetti nella foresta. E poi quell’arco narrativo lo ripercorreva pure male, riempiendolo di sottotrame inconcludenti ed eventi contraddittori, tipo che la Kamehameha si imparava dal Re Kaioh, quando in realtà Goku la aveva appresa da piccolo osservando il maestro Muten. Le collisioni erano imbarazzanti, e il sistema di combattimento si riduceva a prendere le distanze dal nemico e a sparargli contro il Ki manco fosse uno sparatutto; in più, l’avventura durava pochissimo, e si concludeva nel giro di quattro o cinque ore scarse. Il video sottostante, per esempio, mostra l’eccitante combattimento finale con Freezer, che Goku affronta in tutte le sue forme in un avvincente gara di acchiapparello.

DRAGON BALL: EVOLUTION

Abbiamo lasciato questa perla assoluta per ultima. Il rapporto che lega i fan di Dragon Ball all’adattamento hollywoodiano è risaputo: puro disprezzo. Il film, con quel poveraccio di James “Spike” Marsters truccato da Piccolo, è una delle cose più brutte che siano mai state girate, e col Dragon Ball che amiamo non c’entra un fico secco. Il gioco, uscito per PSP nel 2009, riesce nella difficilissima impresa di essere anche più brutto. Ironicamente, lo sviluppò Dimps Corporation imitando la struttura dei suoi Dragon Ball Z: Budokai, ma in cuor nostro siamo convinti che il progetto fosse stato affidato a un branco di scimmie urlatrici perché era terribile sotto ogni aspetto. Graficamente era una mostruosità povera di dettaglio; la modalità Storia, con le sagome ritagliate male dalle foto del cast, era imbarazzante; il bilanciamento del roster… una barzelletta. Il risultato era lo Street Fighter: The Movie di Dragon Ball, un tie-in realizzato coi piedi per scucire qualche altro soldino ai genitori dei più piccini o a qualche nonnina di quelle che entrano nei negozi dei venditori più astuti e chiedono quale gioco potrebbero comprare al loro nipotino per il compleanno che, poverette, non ne capiscono niente. E il venditore, sogghignando, vendeva loro Dragon Ball: Evolution a prezzo intero, consapevole di star compiendo un atto contro natura che solo un centinaio di anni in Purgatorio avrebbe potuto espiare.

Fonte: multiplayer.it

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