mercoledì, Aprile 24, 2024
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Napoli, sul caso della donna morta in ospedale interviene la task force

Dopo il caso di Francesca Napolitano, la donna morta per mancanza di sale chirurgiche disponibili, il ministro della salute Lorenzin invia a Napoli la task force di esperti. Gli ispettori – tecnici dell’Agenas, dei Nas, del ministero e delle Regioni – dovranno verificare la correttezza delle procedure attuate dagli operatori sanitari e capire cosa non ha funzionato nell’organizzazione della rete assistenziale.

Le domande a cui si cercherà di rispondere sono due: come mai una manovra non particolarmente complicata, come quella di aspirare dal pericardio il liquido che impediva al cuore di battere, non sia stata praticata nel primo ospedale di Napoli, il San Paolo? Proprio in questa struttura, infatti, Francesca è stata portata dai parenti della notte tra l’8 e il 9 marzo. Al San Paolo, però, mancavano le attrezzature e per così Francesca è stata trasferita al Monaldi. Il primo controllo, allora, sarà fatto proprio al San Paolo: ieri i carabinieri del Nas hanno notificato cinque avvisi di garanzia ad altrettanti medici dell’ ospedale San Paolo per consentire loro di nominare dei periti di parte.

L’altro quesito al quale si sta cercando una risposta riguarda la disponibilità dei posti, quella tragica mattina di mercoledì, nelle cardiochirurgie della città. Tutte le 9 cardiochirurgie campane (cinque pubbliche e quattro private accreditate) non avevano una sala operatoria libera e così Francesca ha dovuto aspettare tre ore prima di riuscire ad essere operata. A fronte di ciò, i familiari di Francesca hanno presentato una denuncia direttamente alla Procura della Repubblica partenopea e chiedono che sia fatta piena luce sull’accaduto.

Poi, quella notte a prendersi l’onere di intervenire è stato il Monaldi. Anche qui le sale erano tutte occupate, ma, come ha sottolineato Nicola Silvestri, direttore sanitario dell’ospedale Monaldi, «per un tamponamento cardiaco non è necessaria la sala operatoria, poteva essere praticato anche da un cardiologo». Così e stato fatto e, nonostante fosse considerato un intervento poco invasivo, Francesca è andata in arresto cardiaco alle 6,40. «Fino alle 8,10 le sono state praticate tutte le necessarie manovre di rianimazione», ma non sono servite a nulla.

Il problema questa volta non sembra essere di malasanità, perché  i medici hanno fatto tutto il possibile per salvarla e procedure sono state rispettate. Forse  è un tragico effetto della riorganizzazione ospedaliera. In qualsiasi caso, la domanda rimane una sola: se la donna fosse stata portata subito in ospedale e le fosse stato fatto il drenaggio, si sarebbe salvata?

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