Il ballottaggio che si è tenuto in Austria lo scorso 22 maggio, e che ha decretato l’elezione di Alexander Van der Bellen come Presidente della Repubblica, è stato giudicato irregolare dalla Corte Costituzionale e dovrà per tanto essere ripetuto, probabilmente tra settembre e ottobre.

I risultati avevano visto Van der Bellen, leader dei Verdi, vincere con soli 31026 voti di scarto su Norbert Hofer, candidato del partito di estrema destra FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs). Proprio quest’ultimo, insieme al presidente del partito Heinz-Christian Strache, ha presentato un ricorso ufficiale lo scorso 8 giugno, denunciando brogli in ben 94 dei 117 seggi elettorali. Ad alimentare i sospetti, il fatto che il numero di votanti in diversi seggi superasse inspiegabilmente quello degli aventi diritto. La Corte Costituzionale ha ascoltato oltre novanta testimoni, e alla fine ha decretato l’annullamento delle elezioni. Van der Bellen si è dichiarato convinto che il provvedimento del supremo tribunale austriaco non modificherà la situazione attuale, e che il nuovo ballottaggio sancirà la sua seconda vittoria.

Gli esiti, tuttavia, non sono così scontati. Basti pensare che al primo turno era stato Hofer a trionfare, con il 35,5% dei voti contro il 21% ottenuto dal candidato dei Verdi. Numeri che hanno offerto non pochi spunti di riflessione: il popolo si era schierato a favore del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), una realtà politica estremamente nazionalista, storicamente caratterizzata da tendenze conservatrici ed euroscettiche, e l’aveva fatto mentre si costruivano muri al Brennero, nonostante le migliaia di morti nel Mediterraneo. La gente sembrava iniziare a credere davvero nelle frontiere, a discapito della coesione che dovrebbe essere alla base del progetto di Unione Europea.

Non è da escludere, a questo punto, che il voto con cui il Regno Unito ha palesato la sua volontà di lasciare l’UE, possa influenzare anche le scelte politiche dell’Austria. Prima ancora del referendum sulla Brexit, Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali della Cattolica, aveva messo in guardia sul futuro dell’Unione: indipendentemente dal voto inglese, si sarebbe innescato un meccanismo a catena in cui sempre più Stati si sarebbero posti delle domande. All’Austria e ai suoi cittadini toccherà iniziare a cercare risposte già da quest’estate.