A partire dal primo gennaio 2016, con l’entrata in vigore del bail in, lo Stato non interverrà più in caso di dissesto bancario. Gli unici a poter intervenire, così come accade per qualsiasi realtà privata, saranno i soggetti coinvolti, a vario titolo, nelle dinamiche della banca. Nessun caso Mps all’orizzonte dunque, lo Stato non interverrà più come in passato, se la banca va male, il rischio di non vedere tutelati i propri interessi aumenta poiché, in caso di gravi dissesti, si ricorrerà direttamente ai propri correntisti, azionisti ed obbligazionisti per salvare l’istituto. La Legge prevede si, strumenti di tutela del risparmiatore-investitore ma, il coinvolgimento del privato in un eventuale dissesto della banca è senza dubbio maggiore. Ecco perché, in un clima finanziario in cui la volatilità dei titoli bancari risulta a dir poco preoccupante, la necessità di immaginare ed equiparare gli istituti di credito ad aziende su cui investire, sia quanto meno opportuna. Ipotizzare il “collasso” del nostro istituto di credito di riferimento, non è più da considerarsi follia, ma una possibilità, più o meno concreta o remota, un rischio che il risparmiatore non aveva mai preso in considerazione fino al 2008, con il fallimento di Lehman Brothers. Bisogna, perciò, fare più attenzione, essere più cauti nella scelta e, se si ha la percezione di non essere sufficientemente tutelati, cambiare.
Come verificare la solidità di una banca?
La solidità è certificata dall’indicatore Cet1 (Common Equity Tier 1) che si ottiene mettendo in rapporto il capitale a disposizione della banca e le sue attività ponderate per il rischio. Le normative comunitarie prevedono un Cet1 Ratio dell’8%, come minimo, ma potrebbe anche essere alzato dalla Banca centrale europea. Questo parametro indica che una banca può effettuare investimenti(mutui,prestiti,finanziamenti,ecc) ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il capitale proprio. La solidità dell’istituto è maggiore quanto più elevato è l’indicatore. Generalmente, un livello sotto il 9% non è considerato sufficiente e sotto l’8% si può già iniziare a considerare un serio rischio. L’indagine sugli istituti di credito italiani è stata fornita dall’ Università Bocconi, che ha stilato una classifica delle banche più sicure, tenendo conto di indici relativi alla patrimonializzazione, alla redditività sul totale attivo, all’andamento in Borsa nel 2015, all’indicatore sintetico del costo annuo che dà un prezzo di riferimento del conto corrente.
Ecco i primi dieci istituti più sicuri in Italia:
1.Intesa San Paolo; 2. Ubi Banca; 3. Banco Popolare; 4. Credem; 5. Bpm; 6. Mps; 7. Bper; 8. Credito Valtellinese; 9. Banca Carige; 10. Unicredit.
In riferimento al solo dato Cet1(%), la graduatoria è differente:
1.Banca Mediolanum 19,70%; 2. Credem 13,33%; 3. Mediobanca 13,24% ; 4. Credito Valtellinese 13,20%; 5. Intesa San Paolo 12,90%; 6. Banca Popolare di Vicenza 12,80%( da comunicazione al mercato del 4 maggio); 7. Banca Carige 12,40% ; 8. Ubi Banca 12,07%; 9. Mps 11,71%; 10. Banco Popolare 11,70%.
I ratio patrimoniali possono essere controllati nelle relazioni trimestrali e semestrali di ogni istituto di credito. Più il ratio è elevato, più la banca è solida, più i risparmi dovrebbero essere al sicuro. Sotto il profilo prudenziale, è opportuno non prendere per “oro colato” questi dati, in primis perché si rifanno sempre a situazioni del passato e, in secondo luogo, perchè sono dati non così difficilmente manipolabili, basti ricordare i casi della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, obbligate dalla Bce a svalutazioni miliardarie. Comunque, una regola generale di buon senso vuole che, più gli accantonamenti degli Istituti sono bassi, più elevato è il rischio da un punto di vista economico-patrimoniale.
Avendo esaminato i migliori dieci istituti di credito operanti in italia, un dato risulta singolare: nessuna banca dell’ integerrima Germania è presente tra le prime dieci. In effetti, per la Deutsche Bank, avere un Cet1 di 8,59% non è molto, considerati i parametri europei.