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Bangladesh, conquista per i diritti delle donne: La Corte elimina la parola “vergine” dal modulo di nozze

La discriminazione etnica denunciata da anni nel Paese vede uno punto di svolta, le donne non saranno più costrette ad indicare la loro castità prima di contrarre matrimonio

Le donne del Bangladesh non saranno più costrette a dichiarare di essere vergini all’atto della registrazione dell’atto di matrimonio. La sentenza storica arriva dopo più di cinque anni di lotte dai gruppi di attivisti che lottano per i diritti delle donne Bengalesi.

D’ora in avanti le donne che decideranno di sposarsi nel Paese non dovranno più attestare la loro castità. Secondo quanto riferito dalla BBC, l’alta corte ha ordinato che la parola «vergine» sia abolita e sostituita con la dicitura «non sposata» mentre le altre due opzioni nel modulo – «vedova» e «divorziata» – rimarranno invariate.

La decisione della Corte è stata acclamata dai gruppi per la difesa dei diritti femminili, che giudicavano il termine utilizzato nel modulo umiliante e contro la privacy delle donne. Nello specifico, l’alta corte ha affermato che la parola di lingua bengali «kumari» dovrà essere rimossa dai moduli di registrazione del matrimonio. Questo termine veniva è usato non solo per indicare le donne non sposate, ma significava anche «vergine».

A portare il caso in Tribunale sono stati gli avvocati di alcuni gruppi per i diritti femminili nel 2014. Dopo cinque anni di battaglia, in cui hanno sostenuto che i moduli per il matrimonio fossero umilianti per e donne, hanno raggiunto il loro obiettivo con quanto deciso dalla Corte.

Nella sentenza, emessa tre giorni fa, il Tribunale ha proclamato che d’ora in poi dovrà essere usata la parola bengali «obibahita», che significa inequivocabilmente «una donna non sposata» anziché la parola «kumari». Inoltre, in un’altra sentenza, la Corte Suprema ha ordinato che anche agli uomini che devono sposarsi sia richiesto il loro stato civile, e in futuro dovranno indicare se non sono sposati, sono divorziati o vedovi.

Le modifiche entreranno in vigore a seguito della loro pubblicazione ufficiale ad ottobre 2019. Il termine «vergine» veniva utilizzato nei certificati di matrimonio a partire dal 1961, quando il Bangladesh faceva ancora parte del Pakistan. Le leggi sul matrimonio del Bangladesh  sono da tempo oggetto di critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani che le giudicano restrittive e discriminatorie. Si spera che il verdetto possa essere un passo avanti per i diritti delle donne in Bangladesh, ma anche in tanti altri Paesi asiatici dove molte ragazze sono costrette a matrimoni combinati fin dalla in tenera età.

L’ATTUALE SITUAZIONE SOCIO-POLITICA DEL BANGLADESH

Sebbene non sia in corso un conflitto armato, la terza nazione a maggioranza musulmana al mondo attraversa una difficile situazione socio-politica. Il Bangladesh è attraversato da tensioni tra i partiti che si contendono il potere, attriti che spesso si traducono in manifestazioni di violenza. Lo scenario dei diritti umani nella regione dell’Asia è in gran parte caratterizzato dai fallimenti dei governi. A questa situazione si è tuttavia contrapposta la crescita di un movimento di difensori e attivisti per i diritti umani, che è stato di grande ispirazione.

La pena di morte in Bangladesh è prevista dalla Costituzione all’art 32 che stabilisce: “Nessuno può essere privato della vita ..salvo in casi previsti dalla legge”. Uno spettro ampio di reati comporta attualmente la pena di morte in Bangladesh, tra cui reati non letali come contraffazione e contrabbando. Sono reati capitali: omicidio, sedizione, reati legati a possesso e traffico di droga, tradimento, spionaggio, reati militari.

Dal rapporto annuale di Amnesty Internacional emerge che il Bangladesh è ancora un Paese seviziato dalla sparizione forzata delle persone, discriminazione etnica e politica e violazione sistematica dei diritti umani.

Ultimo rapporto di Amnesty Internacional (2017-2018)

In un contesto così ostile ed ancorato ad ideali fortemente conservatori, qualche anno fa, vi fu uno scandalo proprio perché una donna, Mosammar Jasmine, – la prima in Bangladesh – per guadagnarsi da vivere iniziò ad utilizzare il risciò come mezzo di lavoro:

Intervista di Askanews a Mosammar Jasmine
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