venerdì, Marzo 29, 2024
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Barriere (Fences): Denzel Washington alla prova del nove

A volte basta poco per dare un’emozione. Come ad un quadro basta una sola immagine per creare stupore e meraviglia in uno spettatore, a volte un film emoziona già dal suo breve trailer. Da quando a fine settembre è uscito il trailer di “Barriere (Fences)” il pensiero è stato quasi unanime, Oscar.

Il film è tratto dall’opera teatrale di August Wilson del 1983 e vincitrice del premio Pulizer per la drammaturgia. Wilson, accreditato anche come sceneggiatore del film nonostante sia morto nel 2005, ha provato molte volte a portare sul grande schermo il testo, ma ha più volte fallito nell’impresa volendo non solo un cast, ma anche un regista afroamericano. Con questo film l’autore è stato accontentato in pieno essendo Denzel Washington non solo attore protagonista dell’opera, ma anche regista e produttore.

Il film ambientato negli anni 50, tratta della storia del 50enne Troy Maxson, un ex giocatore di baseball che non è mai riuscito ad arrivare alla Major League per via della barriera razziale non ancora superata nello sport professionistico americano, che vive a Pittsburgh lavorando come netturbino con sua moglie Rose, interpretata da Viola Davis (Le regole del delitto perfetto) e il figlio Cory. Troy avendo visto sfumati i suoi sogni di gloria sportivi ha dentro di se un risentimento e dolore che rendono difficile il suo rapporto con la famiglia e gli amici. E’ molto duro soprattutto con suo figlio Cory, che ha il suo stesso talento sportivo, ma spera in questo modo di proteggerlo dalle delusioni che ha dovuto subire nella sua giovinezza.

La traduzione letterale del titolo Fences significa staccionata ed è proprio mentre Troy costruisce una staccionata per la sua casa che si svolge la maggior parte dell’azione del film. Nel film si dice “alcune persone costruiscono le staccionate per tenere la gente fuori, altri le costruiscono per tenere la gente dentro” ed è proprio questo il senso del film. Le barriere che Troy costruisce, nonostante le sue buone intenzioni, servono a proteggerle o finiscono solo per tenerle lontane.

Denzel Washington e Viola Davis hanno già riportato a teatro, negli stessi ruoli, il testo teatrale nel 2010 e fu un trionfo. Vennero premiati ai Tony Award (il corrispettivo degli Oscar per il teatro) come miglior attore e attrice protagonisti nonché per il miglior revival. Aspettarsi lo stesso risultato alla prossima notte degli Accademy Awards non sembra una previsione azzardata. Soprattutto dopo la protesta dell’anno scorso per la mancanza per due anni consecutivi di neri tra i candidati alla statuetta d’oro, ma pensare a questo come unico motivo di vittoria è avvilente per un film che per contenuti e interpretazione merita molto di più del solo raggiungimento del politicamente corretto per la prossima cerimonia di premiazione.

Il film uscirà negli USA a natale, mentre in Italia dovremo aspettare fino al 23 febbraio del prossimo anno proprio tre giorni prima la notte degli Oscar dove finalmente sapremo se alla domanda “And the Oscar goes to..?”  la risposta sarà Denzel Washington.

In fondo all’articolo il trailer, rigorosamente in lingua originale (non ce ne voglia il bravissimo Francesco Pannofino che doppia Washington), che ha dato il via a tanto, meritato, clamore.