martedì, Marzo 19, 2024
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#BlackMonday: le donne polacche contro la legge anti-aborto

“Abbiamo bisogno di cure mediche, non di quelle del Vaticano”. Così recita uno degli slogan esibiti in Polonia il primo ottobre, quando migliaia di persone sono scese in piazza per opporsi al possibile inasprimento della legge anti-aborto. La protesta continua anche oggi con il “Black Monday”: uno sciopero totale di donne che hanno lasciato le loro commissioni domestiche e il loro luogo di studio o di lavoro per manifestare in strada e occupare gli spazi pubblici. Rigorosamente vestite di nero in segno di lutto per il loro diritto alla riproduzione.

La paura delle donne polacche nasce da una proposta di legge di iniziativa popolare presentata lo scorso 22 settembre dal comitato “Stop all’aborto”. Le 600.000 firme raccolte equiparano il feto a un individuo e l’aborto a un omicidio; chiedono, perciò, che l’interruzione di gravidanza sia consentita solo in caso di pericolo di vita immediato della donna incinta e che i trasgressori (donne e medici) vengano puniti col carcere. La normativa vigente, invece, consente l’aborto anche in caso di stupro, incesto o malformazione del feto. Una seconda proposta di legge con cui veniva richiesta la liberalizzazione è stata già respinta dal parlamento, che ha invece accettato di prendere in esame la più restrittiva, attualmente al vaglio della Commissione Giustizia e Diritti Umani.

Il parlamento polacco, di cui il partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS) detiene la maggioranza assoluta, ha così dato un chiaro segnale circa la direzione che intende percorrere e rispetto alla quale migliaia di donne hanno scelto di opporsi, non solo in Polonia. Il Black Monday ha trovato il sostegno di diversi paesi europei e non stupisce se si pensa che l’aborto è ancora un tabù anche negli stati più all’avanguardia. Laddove non è consentito, però, si pratica illegalmente, in luoghi pochi sicuri e con strumenti inadeguati.

In Italia l’interruzione di gravidanza è legale ma si stima che il numero di medici obiettori di coscienza si aggiri intorno al 70%. Risulta particolarmente incoerente se si pensa che la contraccezione è recentemente diventata a pagamento: le pillole anticoncezionali che si trovavano in fascia A – e quindi a carico del Servizio Sanitario nazionale – da alcuni mesi sono state riclassificate in fascia C e quindi a carico del cittadino. Le donne non possono abortire ma se vogliono prevenire devono pagare.