Genova e la buona cucina italiana fanno da sfondo al nuovo romanzo della scrittrice Federica Bosco. La storia di Ludovica è tutto tranne che una favola moderna.
Attraverso la lettura ci si scava dentro e avviene una sorta di auto-analisi che ci spinge a continuare il romanzo più per capire noi stessi, che per comprendere le mosse dei protagonisti.
La storia di Ludo e Cate inizia proprio dal periodo in cui la maggior parte dei disastri che poi ci portiamo da adulti hanno inizio, nell’infanzia. Una bambina sola e timida incontra un vulcano di emozioni e di fermento e da lì la sua vita sarà vissuta in base a quello che le persone che le sono attorno dicono o fanno o le dicono di dover fare.
Cogliamo in Ludovica una sorta di amara tristezza, una comprensione che va oltre l’essere compatiti. La prima parole che salta in mente è INSICUREZZA, scritto a carattere cubitali nella nostra mente e davanti ai nostri occhi quando affrontiamo le pagine che Federica ci mostra.
E’ una storia di abbandono e di violenza, non per forza fisica. Tutto ruota attorno alla mente, a come le emozioni vengono colte dal cervello di Ludovica e poi vengono restituite al mondo, senza pretese. I più surrealisti parlerebbero di Karma o di destino, ma le parole di Federica sono chiare come il sole dell’Australia in cui per un attimo ci sentiamo rassicurati e accolti da quel limbo di pace interiore e di connettività con il mondo.
Quella della protagonista del libro è una crescita emotiva avvenuta nel migliore dei modi. C’è tutto: compassione, dolore, resilienza, amore, odio, felicità. Federica carica di sentimenti i suoi protagonisti, tanto da farceli amare intensamente e ci porta a sentirci parte di loro, di un immaginario che, sono sicura, vuole restituire al mondo una verità che forse in parte è vera perché vissuta o forse solo frutto di immaginazione.
Il messaggio di Federica Bosco arriva dritto a destinazione fin dalle prime righe del romanzo: Vivere la propria vita decidendo cosa vogliamo noi, cosa il nostro cuore comanda, prima che sia troppo tardi. Allora “Ci vediamo un giorno di questi” è realtà e non più solo una promessa.