giovedì, Marzo 28, 2024
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Coronavirus del raffreddore: anticorpi prodotti inefficaci contro COVID-19

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Prima della pandemia, si considerava che gli anticorpi prodotti dal coronavirus del raffreddore potessero potenzialmente proteggere contro l’attuale COVID-19. In effetti, trattandosi di patologie in parte simili, l’ipotesi era plausibile. Purtroppo, recentemente un gruppo di esperti scopre l’esatto contrario.

PRELIEVI DI SANGUE PRE COVID – Analizzando infatti campioni di sangue provenienti da pazienti, prelevati tempo prima dell’arrivo SARS COV-2, un team di scienziati fa questa scoperta. Si tratta di una squadra di ricerca della Scuola di Medicina Perelman dell’Università statale della Pennsylvania. In collaborazione, inoltre, con compagni di studio del Penn Center for Research on Coronavirus and Other Emerging Pathogens. I dati raccolti derivano dai prelievi di 263 bambini, del Children’s Hospital di Philadelphia, e 168 adulti. Prelievi datati 2017.

Le analisi dimostrano chiaramente che gran parte dei pazienti studiati possedeva anticorpi contro il coronavirus del raffreddore. Una patologia che tutti prendono almeno una volta all’anno, dopodiché formiamo anticorpi. Questi, nel 20 percento dei casi, sono cross reattivi e invece di combattere il COVID-19 si legano ad esso. Sempre tramite la famosa proteina Spike. Infatti numerosi pazienti affetti da SARS COV-2 hanno la stessa percentuale di anticorpi cross reattivi nel proprio corpo. Risulta quindi chiaro che questi ultimi non aiutano di certo a proteggerci.

AUMENTO ANTICORPI – Infine, nel loro abstract di studio, gli esperti dichiarano che non solo tali anticorpi sono inutili contro il COVID-19, ma addirittura aumentano in alcuni casi.

«Questi anticorpi non erano associati alla protezione contro le infezioni o i ricoveri da SARS-CoV-2, ma sono stati potenziati nei casi di infezione da SARS-CoV-2. Abbiamo scoperto che molte persone possedevano anticorpi che potevano legarsi a SARS-CoV-2 prima della pandemia, ma questi anticorpi non potevano prevenire le infezioni».

Tuttavia: «[…] è possibile che le cellule B e T della memoria preesistenti possano potenzialmente fornire un certo livello di protezione […]».