Tra il coronavirus che torna all’attacco e la paura di viaggiare che si rafforza nuovamente, la soluzione per molti alberghi è la Covid-tax. Ma una versione particolarmente estrema. Quanto esattamente? Scopriamolo insieme.
CLIENTI TASSATI – Quando il mondo era ancora paralizzato, sia dal terrore di ammalarsi sia dalla quarantena obbligatoria, numerosi settori vennero colpiti. Tra questi figura quello del turismo, duramente stroncato a causa di innumerevoli prenotazioni annullate all’ultimo minuto. Ora la situazione è più stabile. Si potrebbe pensare che quindi, nonostante il virus circoli ancora, il turismo sia ripartito alla grande. Ma non esattamente.
O almeno non per tutte le strutture o tutti i paesi. Agriturismi, alberghi, persino campeggi decidono di adottare una strategia vincente pur di ridurre le loro perdite finanziarie. Tale strategia consiste nell’intensificare le politiche di cancellazioni, tassando quindi i clienti con una certa quota del prezzo originariamente proposto. Tempo addietro, molte strutture arrivavano a tassare fino al 30% del conto totale. Ma adesso il prezzo da pagare è molto più salato, in caso di ripensamenti dell’ultimo secondo. Semplicemente l’intero costo.
PRATICA PIÙ DIFFUSA – Se prima del lockdown questa pratica riguardava solo hotel di lusso, particolarmente prestigiosi, adesso è assai più diffusa. La versione estrema della Covid-tax viene adottata sia da piccoli alberghi vicino al mare, che da strutture in montagna. Complessi dagli standard relativamente più bassi rispetto a quelli di lusso a cui accennavamo prima.
Se invece è la struttura stessa ad annullare la prenotazione di un cliente, allora la loro soluzione risiede nei voucher. Voucher da utilizzare nei mesi successivi e di diversa natura in funzione della location.