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El Kun Aguero e i suoi fratelli: i soprannomi più curiosi della Copa America

Diciamocelo: se c’è una cosa che invidiamo ai cugini latini d’oltre oceano, questa è sicuramente la fantasia con la quale interpretano la loro passione calcistica. Le leggendarie telecronache sudamericane sono parte integrante di questa cultura, e con esse il mitologico e folkloristico mondo dei soprannomi. Già, perchè praticamente non esiste un giocatore della massima serie argentina, per citarne una, che non abbia un nomignolo curioso. Che sia legato a peculiarità di tipo fisico, tecnico o ad un particolare aneddoto, quella dell’apodo (rigorosamente in lingua ispanica) è una tradizione a cui nessun calciatore sfugge. E allora andiamo a conoscere più da vicino gli appellativi più curiosi della manifestazione sudamericana per eccellenza, la Copa America.

Iniziamo la rassegna con un evergreen di cui tutti probabilmente conosciamo la storia: Sergio El Kun Aguero. Questo soprannome, affibbiatogli dal nonno già in tenera età, deriva dalla somiglianza tra il nipote ed il protagonista di un cartone animato argentino. Quello che forse però non tutti sanno è che tale personaggio si chiamava in realtà El Kum Kum, trasformatosi poi in Kun solo per un errore di battitura sulla prima maglia del piccolo Sergio.

Kum Kum, il personaggio a cui Aguero deve il soprannome (come si nota sulla maglia in alto, in una foto con Leo Messi)
Kum Kum, il personaggio a cui Aguero deve il soprannome (come si nota sulla maglia in alto, in una foto con Leo Messi)

Ripensando ad altri celebri giocatori, è d’obbligo una citazione per i “nostri” Pipita Higuain (figlio di Jorge, detto el Pipa per il naso ricurvo), Apache Tevez (dal nome del barrio in cui è cresciuto), Tucumano Pereyra (dal nome della regione d’origine dell’argentino), Chiquito Romero (ironico, visti i 192 cm di altezza), Pitbull Medel (no, non si tratta di un nuovo duetto del cantante, è sempre il mastino dell’Inter) o gli ex Serie A Matador Cavani (“in Uruguay ero considerato un combattente, non mollavo mai”, questa la motivazione secondo lo stesso bomber del PSG), Pocho Lavezzi (“il fulmine”), Cebolla Rodriguez (“cipolla” in quanto facesse addirittura piangere gli avversari), la Joya Abel Hernandez ed il Ninho Maravilla Alexis Sanchez (questi sono facili).

"El Pipa" Jorge Higuain
“El Pipa” Jorge Higuain

Passando a profili esclusivamente inerenti alla manifestazione in corso, sono da segnalare el Mago Valdivia (guardate Cile-Bolivia, capirete da soli il perchè), el Chachacha Jackson Martinez (per via dei suoi movimenti in area che ricordano un balletto), la Hormiga ecuadoriana Juan Carlos Paredes (“la formica” per la corporatura snella e i colori scuri di capelli e carnagione, mio personale erede di Juan Cuadrado, detto a sua volta el Medusa per le sue lunghe e folte treccine), l’eterno Lucas Barrios detto el Panteron (per movimenti efficaci e fulminei), el Peluca Carlos Bacca (“il parruccone”, per la sua appariscente chioma in età giovanile), el Fideo Di Maria (“lo spaghetto”, stesso soprannome dell’ex compagno di squadra Cristiano Ronaldo), el Jefecito Mascherano (“il piccolo comandante”, come fu etichettato già all’esordio il carismatico numero 14 dell’albiceleste) e los Flacos Godin e Pastore (per il loro fisico slanciato). Poi c’è la mia coppia preferita: i peruviani Jose Paolo Guerrero detto Predator da quando ha portato le treccine come il famoso alieno del cinema, e Claudio Pizarro detto el Barbaro, che in spagnolo è un termine associato a una persona particolarmente tenace e decisa, spesso un leader (appellativo meritato per il miglior marcatore straniero dell’intera storia della Bundesliga tedesca). Sempre nel Perù una menzione speciale va alla Foquita Jefferson Farfan (per la sua abilità nell’avanzare gli avversari tra palleggiando con la testa).

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“Predator” Guerrero individua la sua prossima vittima

Il premio per gli apodos più curiosi va però spartito di diritto fra Colombia, che annovera tra le proprie fila el Minia Armero (bambino irritante, dal modo in cui esulta dopo i gol, fortunatamente rari), el Gato Ospina (per i suoi riflessi), el Bandido James Rodriguez (per molti el bam bam, dal rumore dei suoi continui tiri da fuori), el Tigre Falcao (nome che deriva dal suo primo trofeo individuale, il Tigre de Esso, ottenuto nelle giovanili del River Plate), la Torre de Hierro Zapata (“torre di ferro”, inteso come baluardo difensivo), l’Unicorno Negro Adrian Ramos (dall’elaganza nelle movenze), el Guepardo Guarin (che in Italia è divenuto Gia-Guaro), la Roccia Carlos Sanchez (perno invalicabile del centrocampo cafetero), e Bolivia, che risponde con el Picaro Josè Alfredo Castillo (“la canaglia”, per i suoi metodi poco ortodossi in marcatura), el Cacho Julio Cesar Hurtado (“il cavedano”, un pesce marino), la Metralladora Marcelo Moreno Martins (per essere solito andare a segno solo con doppiette o triplette), el Tanquecito Ricardo Pedriel (“il piccolo carrarmato”, soprannome mai troppo inflazionato in Sud America), el Negro Alcides Pena (per il colorito scuro). I boliviani tuttavia operano il definitivo sorpasso con el Condor Pablo Escobar (tranquilli, non si tratta di una sorta di Galliani che opera nel settore degli stupefacenti), el Iniesta boliviano Alejandro Chumacero (soprannome già di per sé impegnativo, specie in riferimento al suo secondo nomignolo: el Castigador violento…), la Bara Mauricio Saucedo (centrocampista dal cartellino estremamente facile), la Pesadilla Abdon Reyes (“l’incubo”, mai un buon auspicio se giochi difensore centrale) e, ultimo ma non ultimo, el Matapulgas Ronald Raldes (“l’ammazzapulci”, con buona pace della Pulga Lionel Messi…).

Un Armero particolarmente "Minia" festeggia dopo il gol contro la Grecia al mondiale brasiliano
Un Armero particolarmente “Minia” festeggia dopo il gol contro la Grecia al mondiale brasiliano

Fra gli allenatori, vice a mani bassissime il Piojo Herrera (“il pidocchio”, dai tempi in cui da difensore si incollava all’attaccante avversario), vera mascotte dello scorso mondiale.

Come si fa a non voler bene al "Piojo"?
Come si fa a non voler bene al “Piojo”?

Infine, è doverosa una menzione speciale per l’estremo difensore dell’Ecuador, Alexander Dominguez, soprannominato Dida per una presunta somiglianza fisica con il brasiliano ex Milan.

Dida o non Dida? Ai posteri l'ardua sentenza
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In fondo è così, amiamo il calcio sudamericano perchè trasuda passione anche da queste piccole cose.

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