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Estranei alla massa: la coerenza e la mentalità degli Ultras secondo Vincenzo Marra

Il 20 marzo 2020 è uscito, sulla piattaforma Netflix, il film “Ultras” di Francesco Lettieri, che ha dipinto a suo modo il mondo del tifo organizzato. Venti anni prima fu trattato il medesimo tema e lo fece il regista napoletano Vincenzo Marra con il suo documentario “E.A.M. – Estranei alla massa”. I lavori di Marra negli anni sono sono stati presentati alle più importanti mostre cinematografiche europee, vincendo anche vari premi con alcuni dei suoi film come “Vento di terra” e lo stesso “E.A.M. – Estranei alla massa”. Noi di DailyNews24 abbiamo avuto il piacere di intervistarlo in esclusiva.

Cosa le attraeva del mondo del tifo organizzato tanto da spingerla a farne un documentario ?

“E’ stata una grande passione per me il calcio insieme al cinema. Sono cresciuto da napoletano; avevo 12 anni quando Maradona arrivò al Napoli; mio padre è sempre stato un grandissimo tifoso del Napoli, anche i miei zii e tutta la famiglia e quindi a un certo punto è diventata proprio una passione totale negli anni. Quando avevo più o meno 18/19 anni seguivo molto in trasferta il Napoli e quindi diciamo che sono stato avvantaggiato da una conoscenza della situazione e delle persone.”

Chi sono i Fedayn? E che significa per lei “estranei alla massa” ?

“I Fedayn sono un gruppo storico napoletano importante nella curva B. Più che per me, per loro estranei alla massa è avere un’idea di coerenza e di seguire una certa mentalità “ultras“ che hanno sempre portato avanti da quarant’anni. Per me è stato un viaggio importante, Perché mostrava quello che era, senza imbrogli e questo penso che sia stato una delle grandi cose che ha dato successo a questo film.”

Qual era il messaggio che voleva trasmettere con il suo film ?

“Non si tratta di un messaggio, ma volevo mostrare quello che avevo conosciuto e visto con i miei occhi. Ovvero rispetto allo stereotipo che si aveva dell’ultras, aver avuto la fortuna di conoscere personalmente queste persone, mi ha fatto venir voglia di girare un documentario che non imbrogliasse le carte, ma che mostrasse quello che erano, senza imbrogli. Questo penso che sia stata una delle cose che ha dato successo a questo film.”

Oggi è ancora in contatto con i protagonisti del suo film ? Sa in che modo si è evoluta la loro vita ?

“Oggi sono ancora in contatto con loro, con qualcuno con grandi rapporti.  Le loro posizioni di famiglia e di lavoro sono rimaste più o meno simili; sono contento che stiano tutti bene e hanno sostanzialmente una buona vita, nonostante siano passati tanti anni.”

Spesso la parola “Ultras” è associata alla criminalità e alla violenza. Nel suo film emerge tutt’altro invece. Come mai questa disparità di visione del mondo del tifo organizzato ? Nel tempo è cambiato ?

“Rispetto alla criminalità è chiaro che in una città come Napoli ci sono situazioni che si conoscono benissimo, anche se poi molto spesso si danno delle visioni un po’ stereotipate delle cose, senza molto approfondimento. La forza del mio lavoro è stata quella di essere un documentario e quindi non c’era la idea di voler raccontare attraverso un film di finzione. Quello che io vedevo davanti ai miei occhi, davanti la mia telecamera è stato restituito a chi ha visto il film e quindi è divenuto una pietra, un qualcosa che rimane, perché spiazza, però è vera. Ribadisco che questa è stata una delle cose più importanti.”

ll suo documentario è una fotografia della Napoli alla fine dello scorso secolo; com’è cambiata Napoli e i Napoletani in questi 20 anni ?

“Sì è vero, era un grande pretesto attraverso di loro per raccontare Napoli e i napoletani ed io mi definisco un napoletano antico. Cioè io cerco, anche se ho 47 anni, ancora dei valori e anche un modo di stare al mondo. Per me essere napoletani è un modo di stare al mondo. Avendo  viaggiato e vivendo fuori, purtroppo per lavoro, in alcune situazione l’essere napoletano lo ritrovi come un bene comune, come se fosse una immensa grande famiglia. Ecco, questo mi fa dire di essere napoletano antico.”

I sogni e le speranze dei giovani napoletani sembrano essere sempre le stesse: riuscire a trovare una stabilità economica e sociale senza andare via dalla propria amata città? Cosa lega così tanto Napoli e il suo popolo ?

“Lega il fatto di sentirsi a casa; diciamo che c’è uno spirito e una mentalità, poi in realtà ce ne sono tante, rispetto ad alcune cose si è ancora capaci di empatizzare, di riuscire ad avere empatia per l’altro che conosci e sai che può essere vicino a te per mille ragioni: da le cose che ti diceva tua mamma a quello che dirai o già stai continuando a dire a tuo figlio. C’è una linea antichissima e profonda che per 1000 ragioni continua a mantenere un’identità fortissima”

Lei ha girato altri documentari come “L’amministratore” e “L’udienza è aperta”; cosa le piace di raccontare storie attraverso la tecnica del documentario ?

“Il documentario è una grande passione: ho usato con questo mio modo e metodo molto personale, parlo dei film documentari dedicati a Napoli che io sto facendo da E.A.M. fino a L’amministratore, un modo mio per poter cercare di raccontare Napoli con dei documentari che però sembrano dei film, che abbiano uno stile e una tecnica molto precisa e che possono entrare con una verità molto molto profonda pur mantenendo la ricerca di una drammaturgia e di un linguaggio molto ben preciso”

Preferisce lavorare ai film o ai documentari ?

“La mia carriera è divisa in due: documentari e film. Per i francesi quelli sono tutti film, per gli italiani ho  fatto sei film di finzione e cinque documentari. Per me sono tutti “figli”, ognuno figlio di un periodo, di un tempo, di un’esigenza, di una  necessità e di un bisogno, ognuno di loro ha avuto una sua storia e quindi per me l’unica differenza è che quando mi metto a pensare una storia penso immediatamente quale possa essere il modo migliore per poterla raccontare”

Per concludere, ci può svelare o raccontare qualche nuovo progetto a cui sta lavorando ?

“In realtà non è un segreto, il 12 marzo dovevo uscire col mio nuovo film che si chiama “la volta buona”, si può trovare su YouTube il trailer, poi per quello che è successo nel mondo chiaramente non sono uscito. Anche questo ha a che fare con il calcio ed  è ambientato a Roma, anche se un pezzo l’ho girato in Sudamerica, perché il tipo di personaggi che avevo inventato su carta mi sembrava più adeguata e per quanto riguarda il film speriamo che possa avere un destino quanto prima.”

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