Le Olimpiadi di Rio si sono concluse da appena due giorni ed è già polemica sulle Paralimpiadi, in programma a Rio de Janeiro a partire dalla seconda settimana di settembre. Lo scorso 7 agosto il Comitato Paralimpico Internazionale decideva di sospendere tutti gli atleti russi e notizia di oggi è che il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna ha respinto il ricorso presentato dal Comitato Paralimpico Russo (CPR).

All’origine del provvedimento c’è un’indagine dell’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) coordinata dall’avvocato canadese Richard McLaren. Il rapporto conclusivo, reso pubblico a Toronto il 18 luglio, ha fatto emergere un sistema di “doping di Stato” con cui la Russia avrebbe sistematicamente imbrogliato in diverse competizioni somministrando sostanze dopanti ai suoi atleti e ideando minuziosi stratagemmi per sfuggire ai controlli. Da qui l’esclusione del CPR “a causa dell’incapacità di adempiere alle proprie responsabilità associative e in particolare all’obbligo di rispettare il codice antidoping dell’Ipc (Comitato Paralimpico Internazionale ndr) e il codice mondiale antidoping, di cui è anche uno dei firmatari”.  

I primi sospetti erano emersi sulle Olimpiadi di Sochi (2014) ma, a indagini concluse, si parla di una tendenza che ha radici a Vancouver nel 2010 e che ha coinvolto lo sport russo a 360 gradi, tanto che è possibile contare ben 312 casi. Ben Nichols, portavoce della WADA, ha dichiarato che “il rapporto McLaren ha evidenziato un abuso di potere in Russia più deliberato e sconvolgente mai visto nella storia dello sport. Il ricorso al doping in 30 sport significa che non può esistere più la presunzione di innocenza”.

Nonostante la decisione del TAS e la convinzione generale di essere giunti a una verità che va oltre “ogni ragionevole dubbio”, in Russia non si respira aria di pentimento né di resa. Al contrario, il Ministro dello Sport, Vitali Mutko, ha definito la sentenza “non legale, ma politica”. Della stessa idea è anche il premier Dmitri Medvedev, che sulla sua pagina facebook ha commentato la vicenda descrivendola come un “cocktail disgustoso” in cui solo il 20% degli ingredienti è dato dal doping vero e proprio, mentre il restante 80% deriverebbe dalla volontà politica di eliminare gli avversari più temibili.

Forte di queste convinzioni, il Comitato Paralimpico Russo presenterà ricorso anche presso la Corte Suprema Svizzera. Per il procedimento, però, saranno necessari uno o due anni, pertanto gli atleti russi non prenderanno parte alle Paralimpiadi di Rio.