L’acqua assume nella favola post moderna di Guillermo Del Toro un significato più profondo dell’allegoria stessa e depone le armi di fronte ad un mondo apparentemente surreale che è molto più umano di tante altre storie raccontante.
I mostri, per Del Toro, sono delle figure attraverso cui riesce ad esprimere l’effimero senso della paura dell’essere. Cos’è un mostro nel nostro immaginario collettivo se non una creatura spaventosa da cui stare in guardia? The Shape of Water ribalta l’ovvio e trasforma la figura che per etimologia è apparentemente dannosa, nel verso più umano e fragile della storia.
La forma si cela proprio nell’esatto scambio di intesa fra due essere viventi che sentono di essere complementari anche se non ospitati dallo stesso corpo. Il film, che raccoglie in sé gli aspetti negativi dell’essere emarginati-perché diversi, non vuole offrire un rifugio allo spettatore e neanche un lieto fine, piuttosto una visione completa dell’assoluto senso dell’amore.
Guillermo Del Toro attraverso lo straordinario lancia un messaggio che all’apparenza è semplice e banale. Lo fa attraverso la magia e il mistero per riuscire a comprendere il più grande principio umano: in amore siamo tutti uguali, tutti umani, anche se diversi.