venerdì, Marzo 29, 2024
Home Blog

La vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto: i diritti della satira

Se un articolo è frutto di un pensiero, un pensiero è a sua volta frutto di altri pensieri. Mai come stavolta, quello che segue non è un flusso spontaneo di coscienza, quanto un’opinione costruita attraverso il confronto con altre opinioni ed altre coscienze, più spontanee della mia perché forse più pronte rispetto a qualcosa che ha colto me, invece, tremendamente impreparata.

Charlie Hebdo, vignetta su terremoto in ItaliaIl giornale satirico Charlie Hebdo ha pubblicato una vignetta in cui i morti in Italia nel terremoto dello scorso 24 agosto sono raffigurati come il succulento condimento di una lasagna. La prima reazione di molti, di fronte al disegno, è stata di indignazione, mentre la mia di sconcerto. Osservavo l’illustrazione e mi chiedevo se l’avessi realmente capita. Nel dubbio ho fatto domande, raccolto impressioni, cercato pareri, e alla fine sono giunta alla conclusione che riconosco al disegnatore una sola pecca: la sua opera mancava di immediatezza, tant’è che è stato necessario pubblicarne una seconda per spiegare agli italiani che non era con Charlie Hebdo che avrebbero dovuto prendersela, ma con chi lucra sulla costruzione delle case, degli ospedali e delle scuole, edifici di sabbia in cui la gente rischia ogni giorno la vita solo perché qualcun altro continui a spartirsi la torta (o in questo caso la lasagna).

Non è il contenuto quello che scandalizza. Gli italiani, tendenzialmente, conoscono eddownload (2) ammettono come vanno le cose in questo paese. Quello che ha offeso, evidentemente, è la forma scelta: assolutamente spietata e macabra. Qualcuno si è chiesto se fosse lecito fare del black humor su una sciagura così recente, e se non fosse stato superato, invece, il confine tra satira e cattivo gusto. Ora, premesso che un confine del genere probabilmente non esiste affatto, bisogna sottolineare che, se esistesse, sarebbe caratteristica insita di Charlie Hebdo superarlo. Il fatto che oggi questo vada spiegato è indice di quanto fossero falsi i #JesuisCharlie di un tempo. La libertà di espressione che la redazione francese ha pagato col sangue è sempre stata irriverente, cattiva, brutale; non ha mai fatto sconti. Non c’era da aspettarsi che ne facesse agli italiani solo perché noi abbiamo pianto i loro morti. Forse, prima di affermare con convinzione di essere Charlie, avremmo dovuto porci qualche domanda in più su quel giornale. Magari avremmo scelto un hashtag differente se avessimo ammesso che quel tipo di satira non ci era affatto familiare. Potevamo optare per qualcosa  che esprimesse dispiacere ma non empatia, che ci mostrasse per quello che siamo: i vicini che guardano nelle case francesi dalle finestre lasciate aperte, ma che in quelle case, dove manca il bidet e la satira è pesante, non riuscirebbero a vivere. Insomma, un #jesuisdesolé poteva bastare, invece di fingersi Charlie senza saperne niente.

Emanuela Marmo, in un articolo pubblicato da Il Pasquino, scrive che Charlie Hebdo “raramente aspetta che la tragedia passi, piuttosto se ne serve, perché è in quell’esatto momento, nel momento in cui la notizia ci rende ancora emotivamente aperti, che possiamo prendere il pugno sul muso. Passato il tempo del dolore, il lettore fa spallucce, ha già dimenticato”. A chi si chiede se non si potesse raggiungere con altri mezzi lo stesso risultato di critica sociale, risponde che “c’è da ragionare sul perché si scelgano determinate immagini anziché altre”. In più spiega che“in genere, la satira privilegia l’efficacia del messaggio e adotta illustrazioni più “trasparenti”, più comprensibili e docili, quando deve informare. Se l’informazione è già a disposizione del lettore, l’autore satirico, in molti casi, si preoccupa di sfondare gli automatismi percettivi con cui elaboriamo le informazioni. Lavora pertanto non sulla notizia in sé, ma sull’emotività che essa suscita”.

14064060_10153944639910748_4947856189367635304_nLa nostra emotività, in questo caso, è stata schiaffeggiata con violenza. Va bene, quindi, che ci siano indignazione, sgomento, e rabbia. Se la satira non provoca, allora non è satira. Ed è chiaro che faccia ancora più male se si vedono i propri cari tra gli strati di quella inquietante lasagna. Però alla domanda: “Charlie Hebdo ne ha il diritto?” va risposto di sì, anche se col capo chino. Ce l’ha perché se è di sciacallaggio che stiamo parlando, Charlie Hebdo sfrutta il terremoto per vendere copie non più di quanto facciano i nostri giornali, che su questo sisma ci hanno raccontato di tutto, andando ben oltre il loro dovere di fare informazione. Nel caso della satira quella ferocia è funzionale a uno scopo sociale ed artistico. Può non piacere, ma non si può negare che abbia funzionato, smuovendo le coscienze tanto da accendere il dibattito. Il passo successivo, a questo punto, dovrebbe essere dimenticare il disegno senza dimenticare il messaggio: si sopravvive alle vignette, ma non ai tetti che ci crollano addosso. #Jesuisdesolée. Questo è quanto.

LEGGI ANCHE: La vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto: i doveri della satira