sabato, Aprile 20, 2024
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L’Isis “sbarca in Normandia”: l’Europa è colpita ancora

Non è il 6 giugno 1944 e non c’è nessuna forza di liberazione, ad essere attaccati in Normandia, adesso, sono “gli Alleati”: l’Isis “sbarca in Normandia”. Il 26 luglio si compie ciò che l’Europa non aveva ancora vissuto in tempi moderni, un attacco esplicito al cuore della cristianità, ai luoghi di culto: due uomini, armati di coltelli hanno fatto irruzione in una chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, prendendo sette ostaggi. Invitano il sacerdote ad inginocchiarsi ed a recitare alcuni versetti del Corano, la trafila è sempre la stessa. Jacques Hamel, prete di 86 anni, forte del proprio credo, si rifiuta e viene così sgozzato, ai piedi dell’altare, come una vittima sacrificale. Una suora riesce a fuggire per dare l’allarme. Le teste di cuoio intervengono subito, uccidendo i miliziani. Tre uomini liberati, tre feriti, un quarto fedele anch’esso sgozzato e molto grave in ospedale, un sacerdote morto ai piedi di Cristo. Anche questa volta, i soldati del Califfato non provengono da navi saracene, ma sono cittadini europei, dello stesso luogo dell’attentato, di Rouen, gente “integrata” qui da anni e adesso si scopre che, uno dei due, era indicato come “S”, sigla utilizzata in Francia per indicare gli individui considerati come seria minaccia alla sicurezza nazionale. Peccato scoprire sempre tutte queste interessanti notizie di intelligence nel loro tragico ed inevitabile sviluppo da “S” a “K”, cioè in killer. Ciò che è accaduto riporta la memoria indietro di molti secoli, quando per la religione si combatteva cruentemente. Purtroppo l’obbiettivo è ormai chiaro, reclutare uomini in tutto il mondo attraverso l’ideologia islamica, impugnare un’arma qualsiasi, e sacrificarsi, da martire, per Allah. Del resto, se il modello di vita e di costumi, a cui questi uomini si ispirano, sono le regioni arabe del sesto-settimo secolo dopo Cristo, future stragi di innocenti non dovrebbero sorprendere più nessuno, semmai essere motivo di riflessione. Sono morti negli ultimi due anni, soltanto in Europa, centinaia di persone in questa “guerra santa”, hanno colpito quasi ogni luogo e quasi in ogni modo, sintomo di quanto facciano dell’imprevedibilità la loro arma migliore. Ciò che è accaduto a Saint-Etienne-du-Rouvray, però, rappresenta qualcosa in più di un semplice attentato suicida di fanatici oltransisti, con lo “sbarco in Normandia”, l’Isis, il mondo islamico estremista ha lanciato un messaggio chiaro: colpire le radici della Cristianità, della cultura sulla quale l’Europa è cresciuta, non quella delle operazioni di “peacekeeping”, delle multinazionali colonizzatrici e dei modelli di democrazia imposta, ma la cultura della bellezza, dell’arte, del rispetto reciproco, della libertà di vivere. Sarebbe errato valutare soltanto l’effetto senza la causa, spesso si assiste alla descrizione di questi “attentatori” come uomini squilibrati, provenienti da situazioni difficili di vita. Vero, ma è vero anche l’esatto contrario, basti pensare ai nove italiani uccisi in Bangladesh da giovani appartenenti a famiglie benestanti, universitari, uomini che sapevano molto bene ciò che facevano e soprattutto cosa avrebbero lasciato. Alcuni si arruolano per combattere in Medio Oriente, altri lo fanno a distanza per dare un senso alla propria esistenza, altri ancora per un fermo convincimento, tutti disposti a morire per la “causa”, per l’Islam, per valori forti in cui credere. Il veleno della “guerra santa”, il cui solo termine rappresenta un abominio poiché nessuna guerra per definizione può essere santa, ha il potere di contagiare ed infettare ogni uomo o donna di qualsivoglia estrazione sociale, è bene comprendere che non basterà uccidere il califfo di turno, si è innescato ormai un meccanismo dal quale non si uscirà ne con la diplomazia, perché con questi uomini non c’è possibilità di trattativa, ne con le bombe lanciate sull’edificio strategico di turno. Esiste una “regia”che può coinvolgere chiunque, folli o dotti che siano, perché legittimata da un’ideologia forte di una fede che annovera a se un miliardo e seicento milioni di “fratelli”nel mondo, di cui quarantaquattro milioni soltanto nel vecchio continente. Anche se l’Islam moderato non risponde alla “chiamata alle armi”, un dato emerge inconfutabile: l’Europa ha subito una lenta e silenziosa colonizzazione culturale ed etnica nella seconda metà del ventesimo secolo, il cosmopolitismo senza regole ha prodotto tutto ciò, perché vivere di incontri tra civiltà deve essere un’ambizione di tutti, ma nel rispetto della diversità e delle culture ospitanti. Lo “sbarco in Normandia è avvenuto, il Califfato ha colpito ancora l’Europa dal suo interno e, stando cosi le cose, in un clima di paura e di evidente debolezza delle istituzioni, non resta altro che chiedersi: chi sarà il prossimo?

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