“Icardi non è utile al progetto“. Con queste parole l’ad Marotta ha aperto il vaso di Pandora sul vero valore da attribuire al numero 9 argentino. In molti hanno urlato allo scandalo, interpretando quell’esternazione come un clamoroso autogol tattico ed economico, ma a ben vedere dietro forse c’è dell’altro.
Icardi è passato dalla Sampdoria all’Inter nel 2013, versando all’allora patron Garrone “solamente” 13 milioni di euro, cifra ampiamente ammortata durante la sua permanenza in nerazzurro. Ne consegue che per le casse dell’Inter (e soprattuto per gli ispettori UEFA) il goleador di Rosario appare nelle caselle del FPF rendicontato a zero. Al momento l’unico costo affrontato dalla società del gruppo Suning è quello dell’ingaggio. Uno sforzo economico che grava sul bilancio per 10/11 milioni di euro lordi all’anno.
Va da sè che stando così i fatti qualunque offerta superiore a quella cifra (zero, appunto) possa venire appresa all’Inter come una preziosa plusvalenza pronta da essere reimpiegata sul mercato. Anche un solo milione di euro sarebbe importante per avvicinarsi più concretamente agli obiettivi di mercato indicati da Conte e soci.
La clausola da 110 milioni è solo un miraggio destinato a rimanere tale, eppure all’Inter hanno ancora di che sorridere. Mettere a segno una vendita anche da metà di quella cifra potrebbe garantire una sessantina di milioni di utile nelle casse societarie. Ancora meglio se andasse in porto uno tra i due scambi paventati in questi mesi con Dybala o Insigne.
In quel caso lo sforzo di sopportare un ingaggio così pesante come quello attuale del nerazzurro evaporerebbe all’istante e si potrebbe mettere a segno una plusvalenza pari al costo reale di uno dei due fantasisti. Un colpo da 90/100 milioni. Insomma, Marotta con poche parole ha aperto alla società nerazzurra orizzonti più che rosei in cui navigare.
