giovedì, Dicembre 5, 2024
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Mafia, possibile attentato ad Alfano. Blitz dei carabinieri

In Italia, oggi come sessant’anni fa, assistiamo alla rivoluzione degli ‘stati autonomi’ contro lo Stato. Ancora oggi, come sessant’anni fa successe a Kennedy, Angelino Alfano rischiava di essere ucciso. Questa notte i nuovi padrini di Corleone sono stati fermati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Sono sei e  dall’incarcerazione di Salvatore Riina gestiscono l’organizzazione della mafia rurale. Grazie ad un intercettazione, nei mesi scorsi la polizia scoprì che i nuovi padrini di Corleone progettavano di colpire il ministro dell’interno, perché lo ritenevano responsabile dell’aggravamento del carcero duro. Un’operazione che era stata ideata insieme a Riina, il capo di Cosa nostra rinchiuso da ventidue anni al 41 bis; infatti, nel settembre di due anni fa, anche ‘ l’ex capo di Cosa nostra’ aveva lanciato strali contro Alfano: «Quel disgraziato di ministro dell’Agrigentino  –  diceva in carcere, e non sospettava di essere intercettato – è proprio accanito con questi quarantunisti, questo è accanito proprio, è una canaglia». E ancora: «Lo aggrava sempre, sempre che parla del 41[..], sta facendo tutto per il carcere duro.Glielo do io a lui, il duro lo abbiamo noi qua dentro… disgraziato». I boss decisero anche si organizzare l’attentato durante una campagna elettorale in Sicilia, dove Alfano sarebbe stato più vulnerabile.

Quando i carabinieri intercettarono la telefonata dei padrini di Corleone, ciò che li turbò fu una ‘confessione’ degli interlocutori stessi: dicevano di voler far fare ad Alfano la stessa fine di John Fitzgerald Kennedy, il presidente degli Stati Uniti ucciso a Dallas il 22 novembre 1963 da un tiratore solitario. Allora, sarebbe stata Cosa nostra ad uccidere il presidente americano per non essersi più interessato alle loro questioni. Una rivelazione inquietante. Poi, però, il progetto di colpire Alfano non divenne mai operativo e la polizia decise di non intervenire, fino a quando, qualche giorno fa, non intercettarono altre chiamate in cui i boss di Corleone parlavano di armi da nascondere. Per questo sono stati fermati dai Carabinieri di Monreale e Corleone. Il provvedimento è firmato dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti che hanno condotto l’indagine dentro gli ultimi misteri di Cosa nostra, Sergio Demontis e Caterina Malagoli.

Le indagini hanno, inoltre, rilevato una grandissima spaccatura all’interno di Cosa nostra; da una parte gli uomini violenti di Salvatore Riina, dall’altra gli uomini pacati e mediatori di Bernardo Provenzano, anche lui al 41 bis, ridotto oramai come un vegetale. Era proprio la generazione dei cinquantenni legati alla linea Riina, che spingeva per l’attentato al ministro Alfano. Una generazione che è stanca della ‘politica’ pacifica del nuovo capo Rosario Lo Bue, anche lui arrestato questa notte dai carabinieri.

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