Si parla di “gesto enorme e senza precedenti”. Così è stata definita l’esortazione con cui gli imam francesi hanno invitato i musulmani a recarsi in chiese cattoliche domani, durante la messa, in segno di solidarietà e compassione nei confronti delle vittime di terrorismo, e di aperta condanna verso la violenza jihadista.

L’invito arriva dopo il brutale assassinio di padre Jacques Hamel, a Rouen. Gli autori sono stati identificati come fedeli al gruppo dello Stato Islamico e il fatto che abbiano attaccato un luogo di culto ha alimentato, secondo molti, il bisogno di un segnale che desse il via a un dialogo interreligioso volto a una convivenza pacifica. Il segnale è arrivato, e non solo in Francia. La Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) ha annunciato che domani anche i suoi delegati si uniranno all’iniziativa, e “porteranno il saluto in chiesa al vescovo e al parroco nelle seguenti città: Roma, Milano, Novara, Genova, Verona, Sondrio, Ventimiglia, Brescia, Vicenza, Fermo, Siena, Piacenza, Brindisi, Palermo e Agrigento”.

Non tutti, però, hanno accolto la proposta con lo stesso entusiasmo. Il portavoce della Grande Moschea di Roma, Omar Camiletti, ha dichiarato che “più che un gesto simbolico è necessario impostare un lavoro permanente di conoscenza e di avvicinamento ad un luogo della religione della maggior parte degli italiani: le chiese cattoliche”.

Sembrano tutti concordi, quindi, col chiedere un passo ai musulmani. Più raramente ci si interroga su quanto i cattolici conoscano e tollerino le moschee oltre che i cultori dell’Islam. Si pensi che da quando l’esortazione degli Imam francesi è stata accolta anche in Italia, sui social si susseguono dichiarazioni di credenti spaventati all’idea di ritrovarsi un musulmano a messa, palesi manifestazioni di odio, ed infelici battute a sfondo xenophobo.m1m2m3m4 Su Avvenire, in un editoriale firmato da Martina Corradi, si legge che resta da vedere quanti musulmani aderiranno all’iniziativa. Interessante sarà, però, anche contare i
cattolici che diserteranno l’appuntamento.

Da quando l’Isis ha cominciato a spargere sangue in occidente, si è diffusa una paradossale tendenza: ad ogni strage, l’attenzione si è concentrata sul terrorista solo per i giorni immediatamente successivi all’attentato; poco dopo, si spostava su chi non l’aveva commesso. Sembra che condividere la religione col mostro renda comunque colpevoli, anche se non si imbraccia un fucile, se non ci si fa saltare in aria, se non si sale in metropolitana armati di accetta. Bisogna comunque esporsi e chiedere scusa. A proposito di “condividere la religione”, però, Igiaba Scego, sull’Internazionale, spiega che “il mondo islamico non esiste. È un’astrazione. Esistono più mondi islamici che condividono pratiche e rituali comuni, ma che sul resto possono avere forti divergenze di opinioni e di metodi. E poi, essendo una religione senza clero, per forza di cose non può avere una voce sola. Non c’è un papa musulmano o un patriarca musulmano. L’organizzazione e il rapporto con il Supremo non è mediato”.

Ci si chiede se il gesto di domani sia sufficiente a dimostrare l’esistenza di un Islam moderato. Ci sarebbe da rispondere anche a un altro quesito: ma l’Islam moderato, a fronte di 1,6 miliardi di professanti nel mondo, è ancora necessario dimostrarlo?