venerdì, Marzo 29, 2024
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One Piece: Burning Blood in uscita ad aprile: ecco il videogioco che può insidiare Dragon Ball…

Lo scorso 15 settembre, durante l’ultima edizione del Tokyo Game Show, Bandai Namco ha annunciato a sorpresa un nuovo progetto legato a One Piece: dopo diversi anni di rivisitazioni in chiave musou e/o ruolistica, il manga e anime creato da Eichiro Oda torna in formula picchiaduro con One Piece: Burning Blood. Il titolo sarà sviluppato per Playstation 4, PS Vita, Xbox One e PC e vedrà la luce il 21 aprile 2016 in Giappone, mentre a giugno sarà la volta dell’Occidente – una formula in linea con le precedenti esperienze degli ultimi anni, che quasi sempre sono state rilasciate prima in terra nipponica e solo alcuni mesi dopo in Europa e America.

Su Burning Blood, nelle settimane successive al suo annuncio, c’erano diverse incognite. Quando il picchiaduro fu rivelato agli appassionati si sapeva soltanto che sarebbe stato in tre dimensioni e con un gameplay che avrebbe sfruttato i poteri dei frutti del diavolo, in particolare i Rogia, e gli utilizzatori di Haki – o, come viene definita secondo le traduzioni italiane, l’Ambizione. Dalle prime immagini e da un breve trailer abbiamo anche avuto la certezza che almeno Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace, Sabo, Donquijote Doflamingo, Ener e Crocodile sarebbero stati della partita.

Il più grande timore era che, essendo un titolo praticamente inedito, si trattasse di un esperimento con un gameplay ridotto all’osso e un roster limitato di personaggi per sondare il terreno e capire quale potesse essere il feedback con l’utenza. D’altronde anche il primo capitolo della serie Ultimate Ninja Storm di Naruto aveva una selezione di combattenti ridotta al minimo, per non parlare delle primissime edizioni videoludiche di Dragon Ball. E, magari, inizialmente il progetto dietro Burning Blood seguiva proprio queste orme.

Bandai Namco ha fatto ricredere tutti – il sottoscritto in primis – soltanto in tempi recenti, diversi mesi dopo l’annuncio al Tokyo Game Show. Nel mese di dicembre, infatti, sul web veniva diffusa la data di uscita in Giappone di One Piece: Burning Blood e la notizia era accompagnata, stavolta, da un trailer piuttosto lungo, al quale negli ultimi giorni sono seguite alcune centinaia – si, avete capito bene – di scan tratte dal gioco. Successivamente sono spuntati in rete anche dei video gameplay e il quadro, finalmente, è apparso molto più chiaro rispetto a settembre scorso.

One Piece: Burning Blood non sarà una semplice comparsa nell’universo videoludico né una banale imitazione dei suoi cugini ispirati a Naruto e Dragon Ball, ma anzi potrebbe addirittura rischiare di dire la sua a voce talmente alta da far tremare i competitor. Di certo c’è tutto ciò che un fan di One Piece possa desiderare: una trama longeva, un gameplay solido e divertente e, soprattutto, un roster di personaggi giocabili a dir poco sconfinato.

Partiamo dalla trama, normalmente non il primo punto di forza in un normale picchiaduro. In un picchiaduro tie-in come quelli ispirati ad opere cartacee o televisive è necessario, invece, accontentare i fan più esigenti e dare la possibilità di rivivere la storia già conosciuta in salsa videoludica, e guai se non si è fedeli in ogni dettaglio all’originale.

In questo senso non possiamo ancora essere sicuri di quante e quali saghe di One Piece potremo esplorare, anche se dai video appare chiaro che torneremo a percorrere i campi di battaglia di Alabasta, a visitare l’isola celestiale di Skypea e l’esotica Dressrosa. Inoltre, mentre in One Piece: Pirate Warriors 3 l’avventura a Dressrosa non ricalcava quella originale ma era basata su una storia alternativa del gioco – questo perché l’anime era ancora ben lungi dal concluderla e gli sviluppatori hanno voluto evitare spoiler – la release ad aprile darà l’opportunità alla serie televisiva di concludere l’arco narrativo in questione e dunque in Burning Blood assisteremo, fino alla fine, all’epico scontro tra Rufy e Doflamingo.

Nel gameplay di One Piece: Burning Blood ho visto tantissimo di familiare a Saint Seiya: Soldier’s Soul: i movimenti di camera, il menu delle tecniche a disposizione, le movenze stesse dei personaggi sul campo di scontro e persino il livello di energia. A differenza, però, del picchiaduro dedicato ai Santi sviluppato da Dimps – che in realtà altro non era che una versione leggermente rivista di Brave Soldiers – in Burning Blood si avverte tutto il peso della nuova generazione videoludica. Lo si avverte nel comparto grafico, che sfoggia un cell shading incredibilmente dettagliato, nella frenesia dei combattimenti e nell’eccezionale livello di dettaglio in ogni sfaccettatura, al punto che i Pirati di Cappello di Paglia non sono mai apparsi così fedeli alle loro controparti fumettistiche e animate.

Ma ora veniamo al fulcro della questione, perché quando si tratta del Dragon Ball, Naruto o One Piece di turno il fandom chiama a gran voce un roster degno di questo nome: gli appassionati più sfegatati vogliono poter utilizzare anche il personaggio più secondario dell’opera a cui il titolo si ispira e, almeno a quanto sembra, One Piece: Burning Blood non lascerà per niente a bocca asciutta.

Oltre, ovviamente, ai Mugiwara al completo e ad altri personaggi iconici della storia recente del manga – Trafalgar Law, Sabo, Fujitora, Doflamingo, ma anche il compianto Ace – saranno disponibili anche Eustass Kidd e X-Drake, due capitani appartenenti alla nuova generazione dei Pirati insieme a Rufy e Law. Trattandosi di due personaggi secondari, almeno per ora, ci viene spontaneo pensare che la lista dei papabili combattenti da poter utilizzare nel titolo sia veramente vasta.

Magari lo diciamo a voce bassa per scaramanzia, anche perché ci riserviamo questi e molti altri elogi quando One Piece: Burning Blood sarà arrivato sui nostri scaffali e ci avremo finalmente messo le mani sopra. Nel frattempo, però, le premesse sono più che buone e non possiamo non gongolare di fronte a questo 2016 che ci regalerà tantissime emozioni: tra ninja e pirati avremo di che divertirci… e chissà che anche qualche Saiyan di nostra conoscenza non faccia la sua comparsa.

Fonte: tmag.it