venerdì, Marzo 29, 2024
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Rapimento Silvia Romano: “Viva, ma costretta a nozze e a conversione all’Islam”

Silvia Romano sarebbe ancora viva e le autorità italiane sarebbero al lavoro per riportarla a casa: è quanto riportato dall’agenzia di stampa Agi citando una fonte dell’intelligence. La cooperante italiana sequestrata in Kenya il 20 novembre 2018 si troverebbe ora in Somalia, e in base a quanto riportato dal quotidiano Il Giornale potrebbe essere stata costretta a sposarsi e a subire un’islamizzazione forzata.

Il quotidiano parla di “lavaggio del cervello” e di “accerchiamento psicologico” ai danni della giovane italiana, la quale sarebbe diventata “proprietà” di un uomo probabilmente legato all’organizzazione che l’ha rapita.

Oggi Silvia (o qualunque sia il nuovo nome che le hanno imposto) è una donna costretta a indossare il velo, a seguire la legge coranica. Vogliono che si senta una di loro”, riporta Il Giornale, riferendosi ad un’operazione di indottrinamento e assimilazione alla cultura islamica praticata nei confronti di prigionieri di guerra. Scopo di questa operazione sarebbe infine quello di liberare l’ostaggio per poi farlo rientrare in patria da indottrinato, dopo essersi assicurati la sua fedeltà alla causa jihadista.

In base alle più recenti ricostruzione, dopo il rapimento di Silvia qualcosa sarebbe andato storto nei servizi segreti italiani e Silvia Romano sarebbe stata trasferita dal Kenya alla Somalia, dove è molto più difficile intervenire per liberarla

L’unica strada rimasta aperta è quella dell’intelligence, della ricerca di contatti e di trattative con i rapitori, in vista del pagamento di un riscatto”, prosegue il quotidiano, il quale ritiene che siano arrivate all’intelligence italiana le notizie circa un matrimonio forzato della giovane.

Al momento non vi sono conferme né smentite su quanto divulgato. La Procura di Roma, che indaga sul rapimento, fa sapere che non ci sono evidenze investigative nuove rispetto a quanto già emerso dalla collaborazione tra le autorità italiane e quelle kenyote”.