Possiamo affermare di essere in pieno processo di robotizzazione, ma la cosa inquietante è che entro il 2045 i robot, saranno in grado di sostituire l’uomo nella maggior parte delle attività lavorative, portando così la disoccupazione al 50%. Le domande degli esperti sono: come reagirà l’economia globale? Come ci reinventeremo l’uso del tempo libero? La questione è finita al centro dell’ultimo World Economic Forum di Davos, che nel suo ultimo rapporto ha affrontato il tema della cosiddetta <<Quarta rivoluzione industriale>> prevedendo la perdita di 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi 4 anni per colpa dell’automazione. ”La tecnologia che stiamo sviluppando porterà davvero benefici al genere umano?”, domanda Vardi, esperto di informatica della Rice University in Texas, durante il convegno della Società americana per l’avanzamento delle scienze a Washington. ”La risposta tipica è che se le macchine faranno il nostro lavoro, allora avremo più tempo libero per fare ciò che ci piace, ma non penso che sia una prospettiva allettante. Credo che il lavoro sia essenziale per il benessere dell’uomo”.
Il pensiero di Vardi è ripreso da un articolo del Financial Times che avverte che, insieme all’intelligenza artificiale, i robot minacciano di scatenare una disoccupazione di massa. Tra i dispositivi più discussi già da diverso tempo ci sono le automobili col pilota automatico, che secondo il professor Vardi, potranno, in ultima istanza, limitare il pericolo di incidenti “del 90% o anche più”. Sono troppi dunque i vantaggi, affermano gli studiosi, per mettersi contro un processo di robotizzazione che, a quanto sembra, non potrà che erodere numerosi posti di lavoro.
Filippo Cavallo, esperto di robotica sociale della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è invece vede nei robot un’opportunità di cooperazione e non una minaccia per l’occupazione. ”Nei prossimi 30 anni le macchine non saranno in grado di sostituire completamente l’attività dell’uomo, ma la loro presenza al nostro fianco ci libererà dalle attività più manuali e ripetitive, permettendoci di rendere più ‘umano’ il nostro lavoro”. Per lui dunque l’uomo avrà sempre un ruolo centrale.