mercoledì, Aprile 24, 2024
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Seconda Guerra Mondiale, storia di un padre mai ritornato da Dachau

Mi chiamo Giovanni, sono un Ispettore-Capo della Polizia di Stato in pensione, nato a Nimis (Udine) nel 1931. Nel mese di Agosto del 1944 mi trovavo con la mia famiglia nel paese natio, un ridente, ameno e tranquillo paese a circa 15 km a nord di Udine, ora situato a pochi kilometri di distanza dal confine sloveno (ex Jugoslavia). Il paese, in quei giorni di agosto era stato occupato da truppe cosacche al servizio dei tedeschi, truppe in buona parte già appartenenti all’Armata Rossa, fatte a suo tempo prigioniere dai tedeschi. I cosacchi inviati dai tedeschi per contrastare la crescente attività di guerriglia posta in essere da agguerrite formazioni partigiane ( Brigata Osoppo), avevano invaso il paese portando al seguito le famiglie e i loro caratteristici carriaggi con relative masserizie. Essi perpetrarono una serie di angherie e vessazioni in danno della popolazione civile, con razzie, furti e stupri. In quello stesso mese di agosto, si verificava a Nimis un barbaro e crudele episodio (poco riportato e conosciuto). Un reparto di SS coadiuvato da cosacchi e da fascisti della Repubblica di Salò, compiva, per rappresaglia, un efferato eccidio nella piccola frazione di Torlano, massacrando senza pietà 34 inermi e pacifiche persone, in maggioranza donne, bambini e vecchi i cui cadaveri vennero dati alle fiamme. Era l’inizio di una tragedia per tutta la popolazione di Nimis. Verso la fine di agosto, reparti partigiani sferrarono un violento attacco, preceduto da un intenso bombardamento con mortai, contro il presidio cosacco, dopo una notte di aspri combattimenti, i partigiani riuscirono ad occupare il paese, istituendo poi una “zona libera” con proprie amministrazioni. I tedeschi e i cosacchi in risposta ai partigiani mandarono carri armati, cannoni e nuove reclute, dopo un’accanita guerriglia i nazisti riuscirono ad avere la meglio. Occupato il paese i tedeschi costrinsero la popolazione ad evacuare, rastrellando e catturando molti uomini. Tra questi, sfortunatamente, vi era anche mio padre, Giobatta, classe 1899, il  quale assieme ad altri 40 sfortunati, facenti parte della “prima spedizione”, stipati in carri bestiame, dalla stazione di Udine, il 4 ottobre 1944, vennero inviati nel famigerato campo di concentramento di Dachau. Mio padre poi, in quello di Buchenwald e poi ancora in quello di Dachau. Solo diversi mesi dopo io e la mia famiglia potemmo tornare al nostro villaggio, vivendo una vita di stenti e fame, ma soprattutto si conviveva con la speranza (poi svanita) di veder un giorno tornare nostro padre. Per molti anni  di mio padre e di altri compaesani non si seppe più nulla. Vani tutti i tentativi fatti prima presso i comandi tedeschi poi presso la Croce Rossa. Era scomparso senza lasciare alcuna traccia. Solo dopo dodici anni di intense ricerche, un laconico comunicato ci informava che mio padre era deceduto nell’ex campo di concentramento di Dachau in Baviera, il 1°maggio 1945, subito dopo la liberazione. Era deceduto per inedia, in uno dei peggiori campi di sterminio nazisti. Ho convissuto tutta la mia vita con questo dolore atroce, un ricordo incancellabile che porterò con me fino ai miei ultimi giorni…

Quest’articolo è dedicato a tutte quelle persone che hanno passato  la propria vita nella ricerca dei propri cari perduti sul fronte o nei campi di concentramento. Ma soprattutto che sia da monito per le generazioni future..

NEVER MORE!

 

 

Federica Verdoliva
Federica Verdoliva
Voglio raccontare al mondo la verità. Voglio scrivere di tutte quelle cose che vengono nascoste. Voglio essere la voce di qualcuno. Voglio che la gente si accorga che quello che vede non è sempre realtà.
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