La Consulta apre al suicidio assistito con una storica sentenza: la Corte Costituzionale ha infatti ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli“. La Corte stabilisce dunque che non è punibile chi agevola il suicidio in casi come quello di Dj Fabo, cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale e attaccato ad un sondino per sopravvivere, vittima di grandi sofferenze per la sua patologia ma pienamente lucido nel considerare quelle condizioni di vita non compatibili con la propria dignità di persona.
“Da oggi in Italia siamo tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo”, ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni che accompagnò Fabiano Antoniani in una clinica svizzera per il suicidio assistito e che ora potrà essere assolto nel processo attualmente a suo carico a Milano. “Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci. È una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte. Ora è necessaria una legge“. Reazione positiva anche da parte del pm di quel processo, Tiziana Siciliano, che aveva già chiesto l’assoluzione per Cappato e che ora commenta la decisione della Corte Costituzionale parlando di un passo molto importante.
La Consulta precisa tuttavia che resta necessario l’intervento del legislatore, già sollecitato lo scorso anno in occasione della sospensione per 11 mesi della sua decisione sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale, norma introdotta circa 90 anni fa e che mette sullo stesso piano l’aiuto al suicidio e l’istigazione allo stesso, punendo entrambe le condotte con la reclusione sino a 12 anni.
In attesa di una riforma legislativa, la non punibilità sancita dalla Corte resta subordinata al rispetto della normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017). La verifica delle condizioni richieste e delle modalità di esecuzione dovrà essere effettuata da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. Tali misure sono previste al fine di “evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili”.
Tra chi invita il parlamento a legiferare “secondo le indicazioni della Corte” si attestano anche Mina Welby e Beppino Englaro, il papà di Eluana, che ora chiedono una “legge per la liberta di decidere fino alla fine“.
La sentenza ha sollevato obiezioni di diversa natura, morali e procedurali, nell’ambiente cattolico e sanitario, ma anche la politica si divide in merito: “Sono e rimango contrario al suicidio di Stato imposto per legge“, ha dichiarato Matteo Salvini, mentre diversi senatori della maggioranza hanno presentato una proposta di legge per il suicidio assistito.