martedì, Aprile 16, 2024
HomeSportTevez si racconta "Il calcio mi ha salvato"

Tevez si racconta “Il calcio mi ha salvato”

Carlos Tevez si racconta, infanzia difficile per il numero 10 della Juventus: “Cresciuto fra droghe e omicidi, ma per me c’era solo il calcio”. Ecco le incredibili rivelazione del campione argentino

 

Tevez racconta di se e della sua  difficile giovinezza al sito della Fifa. Cresciuto Barrio Ejercito de Los Andes, meglio noto come Fuerte Apache, già da giovane era un campione puro insieme al suo migliore amico Dario Coronel ma poi i due presero strade diverse che portarono l’uno al successo calcistico l’altro alla delinquenza e alla droga, fino alla sua prematura scomparsa a soli 17 anni. “È dura far capire alla gente cosa sia vivere a Fuerte Apache se non hanno provato le stesse cose che ho provato io. Non puoi entrare nella testa della gente e spiegare loro cosa mi ha insegnato la strada. E mi ha insegnato tanto: la mia infanzia è stata difficile, ho vissuto in un posto dove droghe e omicidi facevano parte della vita di ogni giorno. Vivere in quel modo, anche se sei un ragazzino, ti fa crescere in fretta e ti mette nelle condizioni di scegliere da solo la tua strada. Io l’ho fatto, non ho mai tollerato le droghe o gli omicidi e fortunatamente ho potuto fare la mia scelta. Coronel aveva tutto per avere successo ma ha scelto una strada diversa, quella della criminalità. Ha fatto la scelta più facile, non è stata una questione di sfortuna. Penso spesso a lui, era il mio migliore amico, stavamo insieme 24 ore al giorno”, queste le parole dell’argentino rilasciate ai microfoni di Fifa.com.

L’arrivo a Torino

A Torino Tevez ha però trovato l’ambiente giusto.  Queste le parole dello stesso campione “Dopo otto anni a Manchester ho ricevuto un caldo benvenuto a Torino, la gente è molto alla mano, anche se meno passionale rispetto a posti come Roma o Napoli. Si vive bene qui ed è il posto dove è stato più facile per me ambientarmi, anche per la lingua, che capisco un po’ meglio, mentre in Inghilterra è stata più dura. Ma l’Argentina mi manca, mi sono sempre mancati amici e famiglia, sin dall’inizio. Per fortuna ricevo tante visite per cui non sono sempre solo”. Per finire parla anche del numero 10 che ha sulla maglia ricevuto in eredità da Platini e Del Piero anche se lui afferma di non sentirne affatto il peso “Anche se è importante per me, non mi metto addosso altra pressione per sentirmi degno di questa maglia, altrimenti diventerei matto e non potrei fare il mio lavoro nel modo giusto”

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE...

ULTIMISSIME