Lone Schergif racconta l’affascinante ingranaggio della grande industria del cinema, un’industria che durante la seconda guerra mondiale ha superato non poche difficoltà. Lo fa con dei dialoghi e delle musiche che ci rendono nostalgici di un’epoca che non abbiamo mai neanche conosciuto.
Catrin Cole è una donna in gamba, quella che oggi chiameremmo sceneggiatrice ma che allora venne assoldata come responsabile delle “chiacchiere femminili”. Un appartamento in affitto e un’artista per amore è tutto ciò che Catrin chiede alla vita. Famelica di indipendenza trova nel suo nuovo lavoro un ragion d’essere. E così Catrin cresce, non è più una segretaria ma l’ingranaggio che guida e spinge i dialoghi di un film che altrimenti non sarebbe stato un successo.
E’ una sensazione strana quella che percepiamo, ci sentiamo al tempo stesso spettatori di un film che in realtà è già nato. Siamo esattamente come quelle persone che sedute a guardare la pellicola si emozionano. Così facciamo noi, spettatori ignari di un film che in realtà sta raccontando un’altra storia, la storia di una donna che ama irrazionalmente e senza regole e poi si innamora di nuovo, del suo lavoro, di quell’uomo che ha sempre disdegnato, di una storia che non è ancora nata. Insieme a Catrin ci innamoriamo anche noi, e soffriamo nel vederla soffrire, ma di una sofferenza che è quasi palpabile, che è sincera e vera.
Lone Schergif ha preso le nostre emozioni, quelle che si celano dietro ad uno schermo nel momento in cui siamo spaventati, arresi e a volte delusi e le ha rese vere. Ha raccontato in un modo del tutto naturale, come nasce, cresce e vive un film.
“E poi mi mancheresti tu, mi manchi più di ciò che so dire”