E’ morto, all’età di 91 anni, Zygmunt Bauman, filosofo e sociologo tra i più importanti intellettuali contemporanei. Polacco di origini ebraiche, nacque a Poznan nel 1925 e sfuggì prima all’occupazione nazista della Polonia e poi, dopo la guerra, alle purghe del regime comunista, avviate nel 1968. Trasferitosi prima in Israele, dove insegnò all’università di Tel-Aviv, si spostò poi in Gran Bretagna, dove ha insegnato, tra il 1971 e il 1990, all’università di Leeds, città in cui si è spento.
Zygmunt Bauman è stato l’ideatore di concetti come la “modernità liquida” e la “società fluida”, metafore efficaci per spiegare il passaggio da una modernità in cui l’individuo aveva punti di riferimento nelle ideologie e nel suo ruolo di produttore, ad una post-modernità consumistica, globalizzata e post-ideologica, che incrina le sicurezze individuali, producendo l’incertezza, la frenesia e la paura d’esclusione sociale tipica del nostro tempo.
Da ricordare sono, inoltre, i suoi studi sul rapporto tra modernità, totalitarismo e Olocausto, che culminarono nel celebre libro “Modernità e Olocausto”, in cui l’autore sostiene la tesi per cui la Shoah non è interpretabile solo come un evento nella storia ebraica o come una regressione barbarica della società, ma anzi come un fenomeno profondamente connesso alla modernità e alla sua razionalità procedurale: divisione del lavoro in compiti via via sempre più piccoli, la categorizzazione tassonomica di specie differenti e la tendenza a vedere come sempre positivo il conformarsi alle regole.
Durante la sua carriera Bauman è stato premiato diverse volte. Tra i suoi riconoscimenti si annoverano il “Premio europeo Amalfi per la sociologia e le scienze sociali” nel 1992, il “Theodore W. Adorno Prize” della città di Francoforte nel 1998, il Premio Principe delle Asturie ( in comunicazione e discipline umanistiche) nel 2010 e la laurea ad honorem in lingue moderne, letterature e traduzione letteraria attribuitagli dall’Università degli Studi del Salento nel 2015.