martedì, Marzo 19, 2024
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Giovanna Botteri, l’inviata a Pechino nei mesi di COVID si racconta

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La paura crescente durante il lungo periodo di quarantena non è stata di certo facile da gestire. Ma per Giovanna Botteri, giornalista corrispondente proprio a Pechino, l’inferno è stato ben più palpabile.

CORRISPONDENZA A BRUXELLES NEGATA – Durante un’intervista al quotidiano “Il Giornale”, la donna narra del periodo difficile vissuto nella capitale cinese e del suo desiderio di tornare in Europa. In particolare fece domanda per essere mandata a Bruxelles, ma senza successo. Questo quando ancora il COVID-19 era un virus “esclusivamente” cinese.

«Sarebbe stata per me una grande sfida – dichiara Botteri – Avevo fatto domanda tramite il job posting interno all’azienda. Immaginavo che il mio curriculum fosse sufficiente… Dopo aver coperto i Balcani, il Medio Oriente, l’America e l’Asia, pensavo di raccontare l’Europa in modo diverso. E anche di avvicinarmi a casa. Ma rispetto le decisioni dell’ad Salini. Adesso penso solo a godermi mia figlia e dormire, poi vedremo cosa fare».

Intanto la preoccupazione nella redazione della Rai a Pechino cresceva man mano che il virus si propagava, e con esso l’ansia di essere infettati. Tutte situazioni che hanno portato la giornalista addirittura a dormire proprio in redazione, riempiendone spesso il frigorifero. Il tutto in un clima di pura paura, ma come afferma la donna, in un tale contesto: «[…] bisogna tenerla per sé, non ti puoi permettere di trasmetterla agli altri, altrimenti quelli che ti guardano cosa possono pensare? Andavo in panico all’inizio, magari avevo qualche linea di febbre e pensavo al peggio, soprattutto di finire in quei lebbrosari dove sono morte chissà quante persone».

IL POLVERONE DI STRISCIA – In tale periodo, il programma “Striscia la notizia” ha sollevato un polverone, prendendo in giro l’aspetto di Giovanna Botteri. Polverone sul quale la giornalista è tornata a parlare. «Penso che sia stata anche un’occasione per parlare di temi importanti come l’immagine della donna e la pressione della società sull’aspetto fisico. […] quando non si poteva andare dal parrucchiere: la gente a casa ha avuto bisogno di vedere in tv persone normali e non modelli patinati irreali».