venerdì, Aprile 26, 2024
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Crimini contro l’umanità, Bemba condannato a 18 anni

L’ex vice presidente della Repubblica Democratica del Congo, Jean-Pierre Bemba, è stato condannato a 18 anni di prigione per crimini di guerra e contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aia. La sua colpevolezza era già stata riconosciuta a Marzo 2016, ma la Corte non aveva reso nota la pena, che risulta comunque minore rispetto alla richiesta dell’accusa (25 anni).

Bemba, che oltre ad essere stato vice presidente (e candidato alla presidenza) fu il leader dei miliziani del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), è stato ritenuto responsabile per gli atti commessi dai 1500 uomini che mandò nella Repubblicana Centrafricana, per sostenere il presidente Ange-Felix Patassè, all’indomani del golpe messo in atto dal generale Francois Bozizé tra il 2002 e il 2003.

Iniziato nel mese di Luglio del 2010 (dopo l’arresto avvenuto a Bruxelles nel 2008 su mandato di cattura internazionale), il processo ha visto l’accusa raccogliere le numerose testimonianze delle vittime, alcune anche minorenni, che hanno raccontato di cruenti saccheggi e stupri e uccisioni ai danni della popolazione locale. Anche se durante lo svolgersi dei fatti non era presente sul territorio della Repubblica Centrafricana, la Corte ha riconosciuto l’ex vice presidente del Congo come pienamente responsabile delle azioni delle proprie milizie. “Jean-Pierre Bemba non prese le misure necessarie a impedire ed evitare i crimini delle sue forze”, ha dichiarato Sylvia Steiner, il giudice che ha letto la sentenza, aggiungendo che l’accusato ha avuto sempre il comando ed è stato sempre informato dell’esatto svolgersi dei fatti.

Bemba, che non si è mai dichiarato colpevole, ha reso noto, tramite i propri avvocati, che farà appello contro la decisione della Corte. Una sentenza storica, per molti versi, poichè, vale la pena ricordarlo, è il primo caso in cui una persona viene condannata per crimini sessuali durante una guerra ed è la prima volta, inoltre, che una persona è ritenuta direttamente responsabile per i crimini dei suoi subordinati.

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