«Signore, ti amo», queste le ultime parole pronunciate dal 95enne Joseph Ratzinger pochi istanti prima del suo decesso, avvenuto alle 9:34 del 31 dicembre scorso. Il papa emerito si dimise nel 2013, a distanza di poco più di 600 anni dalle dimissioni di un suo predecessore, Gregorio XII; la rinuncia di Benedetto al soglio di Pietro è stata oggetto di varie interpretazioni e commenti dei fedeli e degli studiosi: per alcuni fu un gesto moderno, mosso dalla fede e dall’amore per la Chiesa, per altri un atto di debolezza che avrebbe aperto una ferita profonda nell’istituzione di cui Egli aveva la responsabilità, e ne avrebbe minato la stabilità. Benedetto XVI era una persona umile, con una cultura vastissima, uno studioso instancabile con grandi capacità di ascolto.
Uno dei momenti più caratterizzanti del suo pontificato è dato dalla lectio magistralis che tenne il 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona, nella sua Germania, durante la quale citò la frase di Manuele II Paleologo, imperatore bizantino, a proposito della guerra santa: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». La sua coraggiosa frase «Dio non si compiace con il sangue» resterà nella storia. Nonostante i successivi tentativi di chiarimenti da sua, ormai la miccia era accesa ed elevato fu il rischio di gravi reazioni del mondo islamico.
Ha ricordato il giornalista Giulio Meotti: «L’Islam prese sul serio la sfida di Ratisbona, uccidendo una suora, decapitando un prete, torturando a morte stampatori di Bibbie. Per fortuna ci fu anche qualche intellettuale coraggioso che lo difese, ma la cultura italiana spiccò per la sua famosa svenevolezza. Dalla Repubblica a cui non bastavano le scuse (volevano la conversione all’Islam del Papa) a Umberto Eco (che disse che “uno studente della scuola dell’obbligo” era meglio di Ratzinger) al premier Prodi che fece spallucce sulle minacce alla vita di Ratzinger, la codardia di quelli a cui piace piacere e che, idolatrando il vitello laico progressista, hanno messo fine al primo diritto laico, quello di parola…»
D’altra parte il Papa rappresenta la Chiesa cattolica, la sua storia millenaria, il vangelo e quasi un miliardo e mezzo di credenti; il vescovo di Roma, piaccia o no, non è un influencer né un attivista né un filosofo progressista ed è sciocco chi si indigna del fatto che egli sia ‘contrario’ all’omosessualità o ai matrimoni gay: sarebbe strano il contrario… «Anche l’uomo possiede una natura che gli è stata data, e violentarla o negarla conduce all’autodistruzione», disse in merito. Si può certamente non condividere, ma non stupirsi.
Ad essere discutibili sono invece le sue prese di posizione in ambito scientifico. A proposito della pillola anticoncezionale scrisse: « Qui non si tratta di casistica, del se e del quando, eventualmente, l’uso della pillola possa essere moralmente giustificato, bensì della novità fondamentale che essa come tale significa: vale a dire proprio la separazione in termini di principio tra sessualità e fecondità. Questa separazione significa, infatti, che in questo modo tutte le forme di sessualità sono equiparate».
Inoltre nel 2009, durante un suo viaggio in Africa, dichiarò: «direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con i soldi, che sono necessari, ma se non c’è l’anima che sa applicarli, non aiutano; non si può superare con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema». Si ha come l’impressione che questo modo di pensare vada a scontrarsi con quelle che sono le esigenze, la storia, gli eventi e le problematiche legate alla sfera sessuale e sanitaria, come se la realtà scientifica e le analisi statistiche non abbiano alcun significato.
Un altro tema che mette in ombra la figura di Benedetto XVI è la pedofilia. Ratzinger fu il primo, nel 2010, a chiedere ‘perdono’ pubblicamente per i casi di pedofilia nel clero, a incontrare persino le vittime di abusi. Ma fu anche travolto da una serie di polemiche e di scandali legati ai suoi mancati ‘interventi’, ad esempio quando era vescovo a Monaco, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Proprio a gennaio dell’anno scorso è stato pubblicato un rapporto dello studio legale Westpfahl Spilker Wastl riguardante i casi di pedofilia, dal dopoguerra al 2019, proprio nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga: 235 persone responsabili e 497 vittime, nella maggior parte di sesso maschile con una grande percentuale di bambini e adolescenti.
Questa questione, che riguarda la componente più infima della specie umana, è forse la più critica per la Chiesa e la sua sottovalutazione non può essere giustificata da alcuna “ragion di Stato”; se poi è stata volutamente ignorata allora non siamo in presenza di un errore ma di un crimine, verso quei bambini innanzitutto, e verso Dio dopo. Naturalmente, se…
Ad perpetuam rei memoriam.