venerdì, Aprile 26, 2024
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Golpe in Turchia, fu un’operazione valchiria?

Il bilancio del fallito colpo di Stato militare

Il Presidente turco ErdoganA distanza di qualche settimana dal fallito colpo di Stato per deporre il Presidente Erdogan è possibile tracciare un primo, sommario, bilancio sulla vicenda turca.
Il primo dato è che Ergodan non solo ne è uscito fortificato, ma ha colto l’occasione per sbarazzarsi dei suoi avversari politici, che fossero o meno coinvolti direttamente nel Golpe.
I numeri almeno dicono questo. Gli oltre 7mila arresti, i 13mila circa dipendenti pubblici (non solo militari, ma anche funzionari del ministero dell’Interno, giudici, prefetti, e persino agenti di polizia) rimossi dai loro incarichi, eccetera, danno alla repressione di Ergodan una consistenza ben superiore a quella del fallito golpe.
Resta ancora ignoto chi l’abbia diretto, se Fethullah Gülen, il predicatore islamico residente negli Stati Uniti, come afferma la propaganda del governo turco o l’ex capo dell’Aviazione Akin o lo stesso Erdogan, come sospetta chi ama la dietrologia,  o chissà chi altro.
Forse non lo sapremo mai.
Il secondo elemento su cui riflettere è che realpolitik mostrata dall’Occidente non ha pagato.
Come si ricorderà, solo quando la buona sorte aveva voltato definitivamente le spalle ai golpisti il Presidente Obana, seguito a ruota dalle cancellerie europee, aveva rilasciato una balbettante dichiarazione di tardivo appoggio ad Ergodan, schierandosi “a fianco del Presidente democraticamente eletto”. Dimenticando, peraltro, che anche Hitler e Mussolini sono andati al potere per via democratica. Tutto questo non poteva rimanere senza conseguenze. Erdogan, infatti, ha accusato subito e senza mezzi termini gli Stati Uniti di aver tramato nell’ombra per allontanarlo dal potere e ha incontrato il Presidente russo Putin, con il quale ha ristabilito nuove e più solide relazioni diplomatiche.
Niente male come risultato, visto che la Turchia fa parte dell’alleanza atlantica e per la Nato è un partner di fondamentale importanza strategica e geopolitica, anche per quel che riguarda la gestione dell’immigrazione.
Sono lontani i tempi in cui l’Occidente pretendeva di esportare la democrazia nel mondo arabo. Ora è disposto persino ad accettare che il Presidente di un Paese laico ed amico sospenda l’attuazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo, introduca la sharia nella propria Costituzione o ripristini la pena di morte.
Privo della guida americana, in attesa delle prossime elezioni presidenziali Usa, l’Occidente mostra tutta la sua pericolosa debolezza. Mentre l’Isis batte alle porte.
Probabilmente, “se” avessero prevalso, i militari avrebbero indetto nuove e libere elezioni. Così almeno è capitato negli altri tre colpi di stato riusciti, sempre da parte dell’esercito, l’ultimo nel 1980. La Storia ci insegna a liberarci degli stereotipi.
Ma la Storia si fa senza “se”…..

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