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L’amore non è violenza; il lutto si rinnova a novembre

Novembre, si sa, è il mese dedicato alla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Anche quest’anno, sono numerose le iniziative da parte delle realtà cittadine di tutto il Paese, mentre in televisione vengono trasmesse docu-serie, film e fiction, dedicate a tale tematica o in memoria delle tante, troppe vittime.

Ne sono un esempio Per Elisa – Il caso Claps, la miniserie diretta da Marco Pontecorvo, basata sulla tragica storia dell’omicidio della giovanissima Elisa Claps, nel 1993, e andata in onda, in prima serata, su Rai 1, dal 24 ottobre al 7 novembre; Dove nessuno guarda- Il caso Elisa Claps, docuserie prodotta da Sky Italia e Sky TG24, realizzata da Chora Media e scritta da  Pablo Trincia e Riccardo Spagnoli, disponibile su  Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries, dal 13 e 14 di questo mese.

Paola Cortellesi parla invece di violenza di genere al cinema, nel suo primo film da regista, C’è ancora domani, che, uscito il 26 ottobre, è ancora in sala e sta ottenendo un clamoroso successo.

Il 25 novembre, si celebrerà, invece, la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. La ricorrenza è stata istituita dall’ONU, il 17 dicembre 1999, attraverso la risoluzione 54/134, con la volontà di sensibilizzare la popolazione globale su una problematica diffusa e in perpetuo aumento. La violenza contro le donne, ma anche verso le minorenni, rappresenta infatti una delle violazioni dei diritti umani più persistenti e devastanti.

La data è stata scelta da un gruppo di attiviste, che si riunirono a Bogotà, durante l’Incontro Femminista Latino-americano e dei Caraibi, nel 1981, e poi ufficializzata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo scopo fu quello di onorare la memoria delle tre sorelle Mirabal, brutalmente assassinate, esattamente il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana. Le giovani, che si erano recate a far visita, in prigione, ai rispettivi mariti, furono trattenute da agenti del Servizio di informazione militare, che le violentarono, le torturarono, le massacrarono con bastonate, per poi riporle, esanimi, nella loro auto e gettare la vettura stessa giù da un precipizio, per simulare un incidente. Le donne ricevettero tale trattamento perché avevano agito contro il regime dittatoriale di Rafael Leónidas, che vessò il popolo dominicano dal 1930 al 1961.

Secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, “La violenza sessuale contro le donne e le ragazze affonda le sue radici in secoli di dominazione maschile” e non bisogna dimenticare che “quelle disuguaglianze di genere che alimentano la cultura dello stupro, costituiscono fondamentalmente una questione di squilibri di potere”.

Esistono svariati modi per colpire una donna, fisicamente, sessualmente e psicologicamente: maltrattamenti, abusi, stupri, molestie o atti sessuali forzati, schiavitù e sfruttamento, mutilazione genitale, matrimonio infantile, sfregio, femminicidi.

Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata, nel 1993, dall’Assemblea Generale, la violenza contro le donne è:

Ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.

Maltrattare una donna è come ucciderla due volte, spiritualmente e fisicamente, e le ferite che riceverà resteranno aperte, e sanguineranno, per tutta la vita.

Anche gli ultimi dati raccolti confermano un aumento del fenomeno, rispetto alle precedenti rilevazioni. Dal dossier annuale del Viminale, è infatti emerso che, nel periodo dal primo gennaio al 12 novembre 2023, sono state assassinate 102 donne, di cui 82 in ambito familiare o affettivo e 53 per mano del partner o ex compagno. Sono state inoltre registrate 8.607 denunce per stalking, 1.494 ammonimenti del Questore per violenza domestica182 allontanamenti per il medesimo reato.

Ad una settimana dalla celebrazione del 25 novembre, il tragico epilogo della storia di Giulia Cecchettin lascia l’Italia intera senza parole e con un cuore gonfio di sconforto. Quel senso di vulnerabilità e impotenza, di fronte alla drammaticità dell’accaduto, è inevitabile. La ragazza aveva 22 anni, si sarebbe dovuta laureare in ingegneria biomedica e, probabilmente, aveva tanti sogni da realizzare e la voglia di vivere e stravolgere il mondo, come tutti alla sua età, ma svariate coltellate, alla testa e sul collo, inferte probabilmente da chi diceva, o credeva, di amarla, hanno interrotto la sua corsa troppo presto. È stata l’unità cinofila della Protezione civile a ritrovare il corpo, sabato 18 novembre 2023, perlustrando un canalone tra Piancavallo e il lago di Barcis, in Friuli.

Quanti orrori simili dovranno ancora accadere, quante madri, quanti padri, dovranno piangere le figlie, quante vite spezzate, quando si imparerà a essere esseri umani, non è dato sapere. Quousque tandem, avrebbe detto un tale.

Si procede con giornate di commemorazione e sensibilizzazione, con prospettive future, con leggi e condizioni che “adesso andranno migliorate”, senza inutili riferimenti temporali, dato che la situazione, dal 1999, non è cambiata. Il futuro è oggi e non c’è tempo, non c’è mai stato. Piangere ogni novembre non magnificherà l’anima di nessuno, se si rimane nel lassismo. Il 25 novembre non può, e non deve, diventare una moda, il mese degli eventi a tema. Bisogna riflettere su che ne sarà delle donne dal primo dicembre; probabilmente torneranno ad essere meno “poverine” e più “bamboline” e, forse, ai più sta bene così, fino al prossimo novembre o poco prima.

Si parla spesso, e orgogliosamente, di progresso e di sviluppo, di uguaglianza ed emancipazione, ma è davvero lunga ancora la strada da percorrere. Per adesso, essere donna ed essere rispettata in quanto tale, nonché tutelata e difesa, resta un ideale irrealizzato, quasi un miraggio. Il genere femminile è infatti ancora soggetto alla prevaricazione maschile, oggetto del desiderio e giocattolo, la Baby da mettere all’angolo, nei casi migliori, vittima, a volte, di istinti animali e feroci dell’altro sesso o di amori malati, ossessivi e possessivi. Si sente spesso dire, lo citano anche le canzoni, “sono tua”, “sei mia” o simili; c’è da chiedersi, però, se l’amore sia davvero possesso. Probabilmente no; una donna non vuole essere la bambola di nessuno. Si sceglie di amare e di donarsi ma non si rinuncia mai alla propria libertà, libertà di decidere, di essere, di esistere, di vivere anche per se stesse, senza catene.

Di fronte alle disgrazie del passato e del presente, c’è chi punta il dito, chi difende l’indifendibile; chi sostiene che occorrono leggi più severe per i colpevoli e maggiore tutela per le donne e chi discute sull’educazione dei giovani, per crescere uomini degni di essere definiti tali. Quanto a quest’ultimo punto, se però educare spetti alla famiglia o alla scuola, resta un quesito irrisolvibile, come chiedere se nasce prima l’uovo o la gallina. Forse bisognerebbe solamente pensare a dare l’esempio, a casa come a scuola, per le strade come a teatro o in palestra, ovunque e chiunque, a prescindere dal luogo o dal ruolo, perché si impara vivendo e non si apprende ciò che non viene mostrato, spiegato, creduto. Ciascuno, quindi, può, nel suo piccolo, fare la differenza, attraverso il potere della preghiera o con la parola o, ancora, con i fatti, per un mondo più giusto, realmente equo e umano; l’importante è non dare le spalle e non cadere nell’indifferenza, di fronte al dolore e alla violenza.

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